2 settembre 2011



CAPITOLO 1: DI NUOVO IN VIAGGIO.

 

 

È sabato 16 luglio.
È l’alba.
Un camion lascia Cividale con a bordo cinque figure: alla guida un vecchio soldato della sancta militia, al suo fianco un templare con una nuova lucida armatura ed uno sguardo severo nonostante la giovane età; sul cassone viaggiano in silenzio un frate francescano dall’aria stanca, un giovane inquisitore spinto da una fede più intensa che mai ed un gesuita dai modi strani e dallo sguardo curioso ed inquisitore.

I pensieri dei nostri eroi non possono non tornare ad appena un mese fa quando scendendo da un camion molto simile alle porte di Cividale si sono incontrati per la prima volta ... ed a tutto quello che è accaduto in questo mese.


Nessuno in paese sa dove è diretto il camion … i nostri cinque eroi sono infatti costretti ad andarsene a causa di qualcuno che minaccia le loro vite; la missione che gli è stata assegnata prevede due possibilità: Venzone e Palmanova, a loro scelta ... sono comunque le prossime tappe della “liberazione” … ma tutto è lasciato nelle mani dei cinque.

 

Dopo una breve discussione sui pro ed i contro delle diverse destinazione si decide di seguire l’istinto e la fede dell’inquisitore e di puntare su Venzone, alla ricerca della seconda corona. Il viaggio si preannuncia di qualche ora … le strade sono tortuose ed è meglio evitare il più possibile i villaggi non ancora liberati.
Nonostante le buone intenzioni non è sempre possibile; ben presto il camion entra in una paese sconosciuto e l’attenzione dei nostri eroi si concentra su un vecchio camion tedesco (un residuato bellico in questo caso) fermo in mezzo ad una piazzetta … “Diamo un’occhiata!” …

 

 

Il camion è lì abbandonato da anni … ed appare in pessimo stato … forse è recuperabile un po’ di gasolio … la cabina di guida è sporca di sangue all’inverosimile: “… sembra che qualcuno sia stato sbranato qua dentro …”. Il templare e l’inquisitore si fanno avanti per primi e danno un’occhiata (il tutto mentre l’asso dei cieli è pronto a mettere in moto ed il gesuita è pronto con la mitragliatrice … sembra che non ci sia niente di recuperabile a parte un po’ di gasolio … mentre si armeggia con taniche e tubi un rumore mette in guardia i nostri eroi che fanno appena in tempo a vedere una cane piuttosto magro e malconcio fuggire lungo una strada laterale … niente di grave ma la tensione aumenta … ed anche la sensazione di non essere da soli. Vuoi per la tensione, vuoi per semplice sfortuna ma una parte del gasolio va persa e solo pochi litri vengono recuperati. Ma non ci si sta a pensare troppo … meglio risalire sul camion e muoversi … E così si fa … via veloci verso Venzone … lasciandosi alle spalle il misterioso villaggio e tutti morti che vi si annidavano.

 

Poco prima di mezzogiorno il camion è finalmente sulla strada giusta: una statale comoda ed in condizioni decenti che sale lungo la valle del Tagliamento … sulla destra si intravede Gemona, adagiata sul fianco di una montagna … e davanti … davanti c’è un blocco stradale.
Sembra una vera e propria barricata che attende lì da chissà quanti anni (i calcinacci e la terra di cui è composta sono ormai dimora di cespugli ed alberelli) … i resti scheletriti di diversi soldati tedeschi sono sparsi nei dintorni, “... forse è stata un baluardo durante la ritirata tedesca dopo la “Battaglia del Tagliamento” … o chissà cosa è stata …”. Le possibilità per i nostri eroi sono due : lavorare di pala e piccone per creare un varco per il camion o aggirare l’ostacolo seguendo la strada che porta verso il centro di Gemona.


La scelta cade sulla prima soluzione e quindi ci vogliono circa sei ore di duro lavoro per aprire un varco … solo a questo punto il camion passa e può rimettersi in viaggio con in groppa i cinque stanchi eroi … Venzone è oramai ad un passo … poche curve e le sue mura medioevali si mostrano in tutto il loro splendore … ma qualcosa non va … c’è qualcosa di strano e lugubre … le campane del paese stanno suonando … e suonano a morto.

 

 

Cosa troveranno a Venzone i nostri eroi?

 

9 settembre 2011


CAPITOLO 2: MESSA DI MEZZANOTTE.

 

 

È ancora sabato 16 luglio, ma ormai il tramonto si avvicina.
Il veicolo dei nostri eroi è fermo a qualche centinaio di metri dalla “porta sud” del centro di Venzone … le campane del locale duomo stanno suonando a morto da ormai una decina di minuti e dallo stesso tempo i nostri sbigottiti eroi restano fermi, indecisi sul da farsi … impegnati a guardarsi attorno ed a percepire ogni minimo rumore nella speranza di trovare qualcosa di normale, di rassicurante.

Vana speranza!

 

La cosa più normale percepita è la presenza di un numero impressionante di corvi sulle mura del paese, corvi che contrariamente alle loro abitudini se ne stanno silenziosi e per nulla infastiditi dalla presenza dei cinque uomini … ed un odore forte … una qualche erba aromatica: “… timo, probabilmente!”.



Improvvisamente il giovane templare volta lo sguardo ad ovest … un filo di fumo si alza da un vicino altopiano … “Se c’è fumo, ci sarà anche fuoco … e se c’è fuoco è probabile che ci sia qualcuno vivo vicino ad esso … forse è il caso di dare un’occhiata no?”… questa è la scossa che mancava al gruppo; così si rimette in moto il camion e via aggirando ad est il paese verso l’altopiano. Al termine di una ripida stradina in salita davanti ai nostri eroi si presenta uno strano paesaggio: una piccola chiesetta sorge tra le pendici del monte ed il bordo di questo altopiano (NdDM: trattasi di terrazzo glaciale, denominato “terrazzo di Santa Caterina”); l’edificio è in condizioni perfette se non fosse per un camino in ferro che è stato “aggiunto” facendolo passare da una delle finestre laterali; il tutto è circondato da un reticolato di filo spinato nel quale i pali sono croci (alcune con tanto di cristo intagliato, altre senza); una fievole luce si sparge dalle finestrelle della piccola chiesa …

Il camion si ferma e si fanno avanti il francescano e l’inquisitore: “C’è nessuno?” … si apprestano a scavalcare la strana impalcatura di legno approntata per passare oltre al filo spinato … e mentre il francescano è a cavalcioni del reticolato una voce maschile giunge da dietro una finestra intimando: “Chi siete? Cosa volete? Siete vivi o morti?” … e la canna di un fucile fa capolino dalla finestra tenendo sotto tiro il giovane frate-medico.

 

 

Dopo un attimo di panico la situazione si risolve per il meglio. È così che i nostri eroi fanno conoscenza con Amos, un vecchio del paese che, dopo essere scappato in montagna per sfuggire ai rastrellamenti ed alle stragi dei tedeschi in ritirata, si trovato ad affrontare da solo il flagello dei morti. Armato di una grande fede (anche se dimostrata in modo “bizzarro” e personale, ai limiti della scaramanzia) ha tenuto duro fino ad oggi e si è costruito questo rifugio nella “casa del Signore” per evitare che la stessa cadesse in mano ai morti.
I nostri eroi passano un paio d’ore in attesa di cenare con il loro nuovo amico a chiacchierare del più e del meno con lui … si fanno raccontare tutto il possibile sul suo passato e sul paese … in cambio spiegano (un minimo) la situazione dell’Imperium a quest’uomo che, fino a questa mattina non sapeva nemmeno esistesse un Imperium.

Le cose che l’uomo racconta del paese suonano strane alle orecchie dei nostri eroi … e se a questo aggiungiamo il maniacale fervore religioso del giovane inquisitore che vuole a tutti i costi entrare in duomo a Venzone (per recuperare la seconda corona della leggenda), risulta subito chiaro il perché i nostri eroi decidano di sfidare la sorte (e la morte) recandosi di notte in paese.

 

 

Le ultime luci del tramonto vanno spegnendosi quando il gruppo si mette in cammino (lasciando indietro solo il gesuita che non se la sentiva di fare una cosa del genere) … e dopo pochi minuti varca la soglia della porta est di Venzone.

 

Le strade sono spoglie … ma pulite. I giardini sono inariditi … dentro le mura non sembra esserci nemmeno una pianta vivente … ma il profumo di timo si sente ancora. Non si vedono né si sentono più i corvi … qualcuno si era ritirato posandosi sul tetto della chiesetta dimora di Amos non appena il cielo si era fatto troppo buio. Le case sono tutte chiuse a chiave … ma sembrano abbandonate con calma … tutto sembra essere in ordine dentro.
E si sente cantare … una cantilena funebre … cantata in friulano stando a quanto dice il giovane inquisitore (che rimane originario di Aquileia). “Andiamo di là … seguiamo il canto … se cantano saranno vivi no?” suggerisce il templare.

 

 

Il canto guida i nostri eroi al duomo.

Dalle vetrate non filtra all’esterno la minima luce …

 

I nostri eroi si avvicinano alla porta …

 

L’inquisitore bussa con vigoore … “Uscite, in nome di Dio!” … Il canto cessa improvvisamente ma nessuno esce … anzi sembra che gli unici rumori provengano dal battistero … a qualche decina di metri di distanza, dall’altra parte della piazza.
La tensione aumenta, ma i nostri eroi sono convinti che dentro il duomo ci siano delle persone … così si fanno coraggio ed aprono la porta … L’inquisitore punta la sua torcia elettrica verso le figure che scorge in piedi lungo i banchi della chiesa …

 

MORTI!

 

Decine e decine di morti che sembrano intenti ad ascoltare la messa … decine di cadaveri più o meno integri che volgono i loro occhi vuoti verso la porta e le persone che l’hanno aperta … la scena è raccapricciante … sconvolgente … il vecchio pilota si lancia in una corsa a perdifiato lungo le viottole del paese per mettere più strada possibile tra se e quelle … cose. Il templare è fermo impietrito dal terrore … E mentre il francescano si getta all’inseguimento del suo vecchio compagno, il giovane inquisitore fa appena in tempo ad illuminare, in fondo alla navata, davanti all’altare, i quattro celebranti: quattro cadaveri rinsecchiti, abbigliati con le vesti talari.
Uno dei quattro emette un urlo … un urlo silenzioso … e la porta sbatte chiudendo fuori i nostri eroi …
La fuga sembra essere la migliore strategia … e così tutti e quattro si ritrovano a correre lungo le strette strade di Venzone per tornare all’altopiano ed alla chiesetta che lì si trova: unica speranza di salvezza.

 

Il resto della notte passa tranquillo … o meglio passa! Ma il sonno dei nostri eroi non è affatto dei migliori … e nemmeno i turni di guardia sono proprio tranquilli: prima tocca al francescano notare in lontananza verso la pianura il chiarore di un fuoco … di un incendio; poi il vecchio pilota assiste al passaggio in cielo di quello che, secondo il suo modesto parere, era un aereo … uno strano e rumoroso aereo che proveniente da nordovest è passato descrivendo un’ampia curva verso est.

 

È l’alba di una domenica mattina …
Ma oggi, a differenza delle ultime settimane, non sarà una giornata di festa; e la messa sarà una veloce funzione del mattino. E dopo?
Dopo messa torniamo in paese … Io devo vedere cosa c’è dentro quel duomo … e poi dobbiamo anche raccogliere notizie per i nostri amici templari no?” … queste sono le parole del giovane inquisitore … il “capo” di questa missione … o per lo meno quello che sembra avere più interessi (personali e non) nel portarla a termine.

 

 

Si scende di nuovo in paese … e questa volta la presenza dei corvi, che Amos chiama “angeli neri”, è addirittura rassicurante, dopo la brutta esperienza della sera prima. Il paese si presenta ancora deserto … e spoglio … ma stavolta al profumo, ancora più intenso, di timo non si accompagna alcun suono.
Il timo sembra essere l’unica pianta a prosperare dentro le mura … ed in aiuole molto ricche e rigogliose … il francescano ne raccoglie un po’ per se … anche perché sembra che i morti non vi camminino mai sopra.

 

Il gruppo si dirige, di nuovo, verso il duomo …
Davanti alla porta solo silenzio …
Entriamo!

 

 

La porta cigola un po’ … nessuno si ricorda se la sera prima avesse cigolato o meno … si entra … ragionando se sia il caso di scardinare la porta o meno … L’interno del duomo è vuoto … sporco, ma ordinato … pervaso da un odore nauseante di marciume e putrefazione … comincia l’esplorazione. E comincia la ricerca della “corona”.
Dopo qualche minuto la situazione è chiara … due sono i posti “curiosi”: le probabili cripte, a cui si accede da una porticina alta circa un metro; e la statua della Madonna posta sulla nicchia ad ovest della navata centrale …
La cieca fede dell’inquisitore, sempre più sull’orlo del fanatismo, lo spinge a cercare proprio sulla statua … decine sono i rosari depositati ai piedi della Madonna o tra le sue mani, ma nessuno che abbia lo stesso fascino mistico di quello trovato a Cividale … poi un movimento brusco e sfortunato … e l’inquisitore che si era arrampicato sull’altare laterale per “perquisire la statua” cade … trascinando con se l’immagine sacra.
Le botte prese sono dolorose e la pesante statua è un altro fardello che aumenta la sofferenza del giovane prete … la statua va in pezzi … e tra i pezzi spunta un secondo rosario mistico … in ambra sembrerebbe ... il dolore del giovane inquisitore diventa tralasciabile … il secondo tesoro è trovato.

 

E ora?

16 settembre 2011



CAPITOLO 3: TREMORI.



Trovata la seconda corona non resta che decidere cosa fare ora: restare a curiosare a Venzone, magari cercando qualche informazione che possa tornare utile ai templari-liberatori o andarsene alla ricerca della terza ed ultima corona?
La discussione tra i cinque eroi è inevitabile, ma tranquilla … alla fine pare siano tutti d’accordo per seguire i desideri e le decisioni del giovane inquisitore. Si sta parlando tranquillamente quando qualcosa zittisce tutti: strani rumori dal soffitto … o dal tetto … impossibile essere più precisi.

 

Il francescano corre fuori dalla porta per primo, seguito a pochi passi dagli altri … solo il gesuita si attarda un po’. Le campane iniziano a suonare … un suono sgraziato e caotico. L’ex pugile è scosso e si guarda attorno … il campanile trema … ma non è tutto … a questo punto sopraggiungono anche gli altri … il paese è come se fosse circondato da un muro di fiamme rosso-violacee … un fuoco incredibile che corre lungo le mura medievali del piccolo centro … un fuoco del genere dovrebbe generare un calore mostruoso … ma così non è … 

Il tutto svanisce in pochi istanti … solo il campanile resta un po’ inclinato … ed il francescano è pronto a giurare che una evidente crepa il giorno prima non c’era.

Illusione o realtà? Fino a che punto la mente può ingannarsi e farsi ingannare?

 

 

E ora che fare?

Non ci resta che controllare il battistero … il campanile … e quella strana cripta … da dove cominciamo?” insiste il giovane inquisitore. Il gruppo ricomincia così a discutere pacatamente di cosa sia meglio fare prima … ognuno cercando di assecondare un po’ di più le sue inclinazioni.
È il templare che decide per tutti avviandosi verso il battistero … “Controlliamo prima lì!”.

 

Il gruppo si avvicina … sono pochi metri di distanza tra l’ingresso del duomo e quello del battistero … la porta è bloccata … il gesuita si fa avanti e, dopo aver trovato strani brandelli di cuoi sottile vicino alla porta,  mette le sue doti di scassinatore a frutto riuscendo ad aprire la serratura. NdDM: ancora non capisco come facciano i miei eroi a non porsi varie domande su questo bizzarro gesuita … La porta viene aperta dal vecchio asso dei cieli; è lui il primo a dare un’occhiata dentro e quello che vede non gli piace per niente: quattro mummie incartapecorite giacciono su quattro tavolacci disposti a croce. Tocca all’inquisitore ed al templare entrare per primi e cominciare a studiare la situazione … I corpi e la loro disposizione sono curiose e misteriose; e le osservazioni dei due (cui poi si aggiungerà anche il francescano) non nascondo un minimo di perplessità: “… sono mummie, naturali … e questo è chiaro … ne ho viste di simili vicino a Perugia … non ci sono segni di altre persone passate di qui, quindi chi le ha messe così? I quattro “letti” sono disposti secondo i punti cardinali, basta guardare la bussola … anzi no … la bussola no … l’ago gira su se stesso come se fosse impazzito … ma comunque secondo me lo sono. Sembrano cavalieri … non dico templari, ma cavalieri sicuro … questi tatuaggi sono cose medioevali, li ho studiati durante il mio noviziato … questi cadaveri hanno centinaia di anni … La loro pelle, è simile … anzi è uguale ai brandelli che ha trovato il nostro gesuita … non vorrei che questi quattro si alzassero nottetempo per andare in giro a mordere le chiappe alla gente .... senza contare che somigliano tanto a quei quattro che ho visto in fondo alla chiesa, sull'altare, ieri notte  … mi sa che sono da considerarsi pericolosi … intanto stacchiamogli la testa …” a queste osservazioni “scientifiche” fanno eco le proposte del nostro francescano “E cosa facciamo? Li bruciamo? Ok … prendo l’olio e comincio ad accendere una torcia … Hey vecchio dammi una mano!”

 

E così, detto fatto, finite le osservazioni del caso i nostri eroi appiccano un bell’incendio all’interno dell’unica sala del battistero … le fiamme si alzano subito alte … ed in poco tempo il piccolo edificio è ridotto ad un cumulo di macerie fumanti. Forse c’è un po’ di rammarico e di preoccupazione nelle menti dei nostri eroi per aver ridotto in macerie un luogo sacro … “… ma almeno quei morti non nuoceranno più a nessuno …”.

 

 

E ora? La decisione è controllare il campanile … dopotutto si sa mai che ci sia qualcuno che ha suonato le campane no? Qui la situazione è più semplice: la porta non è chiusa a chiave, basta prendere coraggio ed entrare …
Il templare va per primo e per primo si rende conto dell’assurdità della situazione. Non ci sono scale che portino alle campane, né corde per poterle suonare dal basso … le scale (originariamente il legno) sembrano mancare da lungo tempo; in compenso una ripida scala di ferro scende a chiocciola nel terreno per almeno una ventina di metri … forse più. “Scendiamo?
L’idea non piace a nessuno … e viene messa da parte … Analogamente si decide di lasciare perdere l’idea di esplorare la cripta … “Non può esserci niente là dentro … è solo un buco per buttarci dentro cadaveri … niente di interessante … e troppo rischio!” Solo il gesuita è contrariato, a questo punto, ma il buon senso gli impedisce di agire da solo … si torna dal vecchio Amos per un ultimo saluto prima di partire; ormai è pomeriggio ma i nostri eroi si sentono a disagio a Venzone e vogliono andarsene il prima possibile.

 

Ritornati alla chiesetta-rifugio trovano una macabra sorpresa: all’interno, a terra c’è un cadavere in avanzato stato di decomposizione … e sembra che il cadavere sia proprio Amos. “Cosa può averlo ucciso e ridotto così, tanto in fretta? Lo abbiamo visto vivo stamattina … perché era vivo no? Guardatelo adesso … sembra che lo abbiano colpito alle spalle mentre stava scuoiando e pulendo il coniglio … la nostra cena forse … e sembra che sia caduto lì dove stava e che si sia decomposto all’istante … questo posto è un incubo!

 

Andiamocene … alla svelta!” sentenzia il vecchio … e già sale sul camion per metterlo in moto e partire vero … qualunque altro posto. Ma le sorprese non sono finite … il camion non parte. Dieci minuti di controlli vari, ricerche di guasti introvabili e bestemmie trattenute a stento. “Niente da fare … siamo bloccati qui, anche perché andare in giro a piedi di notte non è salutare no?!

Così si opta per una soluzione drastica: passare la notte barricati nella chiesetta-rifugio dopo aver sotterrato i poveri resti di Amos … scavando la fossa il nostro francescano trova una vecchia scatola di latta contenente una foto ed alcune lettere … “… roba d’anteguerra … guarda qua … un matrimonio … e lettere, banali … inutili … roba di Amos però …”. Incuriosito il gesuita dà un’occhiata alle lettere e leggendone alcune scopre un codice: “… messaggi segreti … ma perché?  … Ci sono! Erano ebrei … Amos ed i suoi interlocutori … erano ebrei sotto il Duce … brutta storia … Comunque è interessante, storicamente parlando, ma in effetti inutile … seppelliamole con lui!”.

 


Arriva il tramonto … Amos è appena stato seppellito ed i nostri eroi sono tutti lì fuori, vicino alla tomba … a dire le ultime preghiere … ed a riflettere sulla assurdità della situazione e sui misteri del villaggio …
Ad un tratto un silenzio irreale, più di quanto non si sia mai sentito fino ad ora … seguito da un rumore sordo … All’improvviso la terra trema … un terremoto … un segno del destino? Nessuno si è fatto male … la chiesetta è ancora in piedi … il rifugio per la notte è salvo. Un grido giunge dal paese … alcune case sembra siano crollate, si vede il polverone … Un solo grido o forse no ... forse due persone … sembrava umano ma, in queste situazioni, nessuno se la sente di andare a controllare, non con l’oscurità che incombe.

E giunge la notte … oscura e silenziosa. E così com’è giunta, la notte passa … stressante e con poco sonno.

 

 

È l’alba di un nuovo giorno. Lunedì 18 luglio …
Il vecchio si siede al posto di guida e sconsolato (e poco convinto) riprova a mettere in moto il camion … oggi funziona. Resta il mistero del perché ieri non funzionasse, ma oggi funziona; è il caso di muoversi, caricare tutto e ripartire.
E mentre si procede a caricare il possibile si fa strada una nuova discussione: “… e l’urlo che abbiamo sentito ieri? Sarebbe il caso di dare un’occhiata no? Abbiamo anche il camion che funziona adesso … scendiamo da qui … facciamo il giro e se c’è un ingresso carrabile diamo un’occhiata … e che cavolo siamo uomini di chiesa … DOBBIAMO scoprire cosa è successo e chi ha urlato …” le parole del templare scuotono gli altri … che approvano.

In breve sono già di nuovo tutti nelle strette vie di Venzone (a piedi, non si sono fidati ad entrare col camion) alla ricerca della fonte dell’urlo. E ben presto una soluzione si presenta davanti agli occhi dei nostri eroi: due cadaveri nudi sono decapitati e legati alla ringhiera che sta attorno ad una fontana in centro al paese, seduti a terra e con le braccia aperte (come se fossero crocefissi); le teste deposte a terra poco lontano già mostrano i segni del risveglio … segni che il templare annulla in breve tempo con pochi, sapienti, precisi e violenti colpi di spada. I due morti però lasciano perplessi i nostri eroi: sono i cadaveri di due giovani circoncisi e di carnagione più scura del “normale”, uno potrebbe avere 13-15 anni, l’altro meno, 8 o 10; entrambi hanno un gamba spappolata in modo gravissimo, e lungo la piazza c’è una pozza di sangue: la colonna di un edificio (forse il comune) ha ceduto ed è crollata schiacciando qualcuno. Le tracce nel sangue portano a pensare che assieme ai due giovani ci fossero altre persone (tre o quattro) … e pare siano proprio questi “altri” ad aver legato, spogliato e decapitato i cadaveri … una specie di rituale macabro …
Se ci sono altri meglio stare in guardia, io trono al camion … sarebbero grossi guai se ce lo rubassero!”, poche parole ed il francescano se ne va.

 

 

Il silenzio del paese resta irreale a fare da cornice al macabro ritrovamento … ma c’è qualcosa di diverso dagli ultimi giorni … è più normale … ed i corvi, molti meno del previsto, si comportano comunque in modo “normale” … nei nostri eroi si fa strada l’idea che sia il caso di controllare le case; ne scelgono una, forzano la porta e cominciano a perquisire. Tre, anzi quattro cadaveri tra stanze da letto e giardino … sembra che nessuno abbai vissuto in casa per mesi, forse anni, ma i cadaveri sono abbastanza recenti ed i loro vestiti sono relativamente puliti … “Innanzitutto bisogna bruciarli … e poi bisognerà indagare più a fondo … questi cadaveri sono strani … dovrebbero essersi già risvegliati, ma non lo hanno fatto …”.

 

E ora? Cosa attenderà i nostri eroi? E dove decideranno di andare?

23 settembre 2011


CAPITOLO 4: ZINGARI
 

Siamo a metà mattina di lunedì 18 luglio …
La situazione trovata nella casa porta i nostri eroi a decidere di controllare ancora qualche casa, l’inquisitore non ce la fa, forse ha visto troppe cose strane e troppi cadaveri in questi due giorni, fatto stà che crolla. Decide così di essere lui a fare la guardia al loro camion e di dare così il cambio al francescano le cui conoscenze, per altro, potrebbero risultare più utili.
In realtà l’osservazione non porta a niente di nuovo … solo che ci vogliono un paio d’ore di lavoro per capire che, almeno stando a quanto osservano i nostri eroi, sembra che dentro le mura del paese tutti i morti siano … morti sul serio. Anzi no. Una novità c’è. È proprio il francescano a trovare su alcuni cadaveri di una panetteria i residui di quello che sembra un unguento resinoso spalmato sulla pelle.
È l’indizio che cercava … o almeno così dice. Quindi i nostri eroi mettono a soqquadro la casa in cui si trovano, fino a trovare uno straccio imbevuto dello stesso unguento: “… andrà analizzato in qualche modo, questo è certo … ma sarà di aiuto per sviscerare i misteri di questo strano paese … e chissà quali altri …”.


Finalmente si riparte … ed ormai è quasi mezzogiorno.

 

 

La destinazione è Cividale.

Gli eroi vogliono, in effetti, fare rapporto su quanto scoperto e visto fino ad ora; e vogliono mettere in guardia (su non si sa bene cosa) i templari che dovrebbero seguirli a giorni per la liberazione definitiva di Venzone.
Il viaggio però non è del tutto tranquillo … il vecchio pilota non conosce bene le strade, le indicazioni sono a dir poco lacunose e, ad un bivio, le memorie del gruppo sono discordanti … le strade sembrando entrambe dirigersi ad est, verso la meta prefissa, ma dire qual è quella percorsa all’andata non è facile.
Alla fine si decide per una delle due e ben presto ci si trova ad attraversare un paesello sconosciuto (situato probabilmente a nordest di Udine) … Si procede piano … e con gli occhi aperti … pronti a difendersi da qualsiasi cosa possa sbucare all’improvviso tra le case diroccate.

 

All’improvviso, proprio sulla strada principale alcune voci attirano l’attenzione dei nostri eroi: due persone urlano e chiedono aiuto in italiano; altre persone confabulano tra loro in una lingua ignota e dal sapore balcanico: zingari.
Un gruppetto di zingari ha infatti appena salvato la vita a due “sopravissuti” … ed ora vorrebbe un pagamento … in “ore o giorni di lavoro coatto”.
Vogliono farli schiavi? Non possiamo permetterlo vero?” Chiede dubbioso il templare … Nessuno risponde … nessuno sa, in effetti, cosa sia giusto rispondere … e l’inquisitore dorme, ancora sotto shock.
È il francescano a farsi avanti per tentare di usare un po’ di diplomazia e di chiarire e capire meglio la situazione, gli altri sono sul camion, pronti a difendersi. Ben presto appare chiaro che i nomadi hanno risposto alle invocazioni di aiuto dei due italiani inseguiti da un paio di morti … li hanno aiutati e quindi ora pretendono un pagamento … e non sono disposti a cedere nemmeno di fronte a rappresentanti della chiesa. Non basta. Pare che abbiano bisogno di un prete (sarebbe meglio se fosse ortodosso, ma ci si accontenta di quello che si trova in giro) per battezzare alcune persone. “Un’occasione ghiotta per capire meglio la situazione e per provare a salvare dalla schiavitù i due malcapitati …” pensa tra se e se il francescano che, senza stare troppo a ragionarci su, si offre volontario garantendosi un “invito a pranzo” presso il campo degli zingari … un invito per se e per tutti i suoi compagni.

 

 

Ci vogliono quasi due ore per raggiungere il campo col camion … un cerchio di camion, furgoni ed altri veicoli dai colori tanto improbabili quanto la meccanica che li manda avanti. All’interno soggiornano almeno una trentina abbondante di adulti, una manciata di ragazzini ed una decina di … come definirli … servi. In pratica “non-zingari” costretti a lavorare per il capo-carovana (un vero e proprio capofamiglia, cui tutti si rivolgono chiamandolo padre) senza possibilità di andarsene finchè il capofamiglia non decida il contrario, ma tenuti nutriti, curati il più possibile ed al sicuro dai morti e dai maltrattamenti ingiustificati. Una piccola e curiosa (agli occhi dei nostri “imperiali”) società autosufficiente con le proprie regole ed i propri valori, usi e costumi.

Lasciato il camion fuori dal cerchio … e lasciati l’inquisitore dormiente ed il templare guardingo sul camion, gli altri si addentrano nella piccola comunità. In breve viene predisposto il rituale di battesimo (sufficientemente semplice e cattolico da essere accettato dal nostro francescano) e per un paio d’ore sono tutti occupati …
Poi segue un piccolo giro turistico del campo, durante il quale i nostri eroi si sincerano della buona salute dei “servi” … e scoprono altre curiosità sui loro ospiti. Quindi, finalmente, ormai a metà pomeriggio prende il via un piccolo banchetto in onore del prete che ha battezzato i nuovi “figli” del capofamiglia.
Cibi strani, esotici e piccanti … accompagnati da un qualcosa di alcolico impossibile da definire … e concluso con un brindisi con uno strano liquore scuro … con un curioso retrogusto di benzina.

 

Certo il cibo era stato un minimo drogato, ma solo il gesuita non ha retto … quindi nessuna sorpresa contro i nostri eroi che possono rimettersi in viaggio (magari un po’ più allegri del solito) di nuovo verso Cividale.

 

E ora?

30 settembre 2011


CAPITOLO 5: SOPRAVVISSUTI.

È ormai sera (sempre di lunedì 18 luglio) ed i nostri eroi già pregustano il ritorno al paese liberato ed un sonno ristoratore in un letto vero; ma il destino evidentemente non è questo: sono inseguiti da due motociclisti … se ne accorgono quando ormai Cividale è in vista. E quando se ne accorgono i due inseguitori tornano indietro lasciando dietro di se solo una nuvola di polvere.
I nostri eroi non sanno bene cosa pensare di questo strano comportamento; decidono quindi di seguirli, almeno per un po’ … almeno finchè c’è luce. All’inizio è facile, la strada è praticamente una sola ed il polverone alzato aiuta i nostri eroi quando si presentano incroci; poi tutto si complica. Ad un’intersezione a T il polverone prosegue e si alza sia a destra sia a sinistra del camion … “E ora? Dove andiamo?
A destra si scorge un paese … quattro case attorno ad una chiesa, e campi ormai abbandonati. A sinistra solo altri terreni vuoti … e la strada. I nostri eroi decidono di lasciare perdere, per ora, e di tornare a Cividale. Il ritorno in paese ha un che di nostalgico, ma è anche sorprendente … il numero di abitanti è aumentato, ed anche il numero degli appartenenti alla Sancta Militia ora stanziati qui sembra aumentato … e di molto.

 

La fortuna (o la provvidenza) non sorride ai nostri eroi … tutti i superiori dei loro ordini sono impegnati in una riunione non proprio segreta, ma che si svolge in regime di clausura. “Non sarà possibile fare rapporto a nessuno. Non stasera almeno …” sentenzia il vecchio pilota, e continua “… quindi direi che potrei ospitarvi tutti io e preparare la cena per tutti … dopotutto, dopo tutto quello che è successo in questi pochi giorni, forse è il caso di non separarci di notte … c’è sempre una specie di taglia sulle vostre teste no?”. E così si fa.

Arriva finalmente il giorno nuovo … dopo una cena a dir poco orribile (il vecchio non è certo un cuoco provetto) ed una notte agitata, dopo aver scoperto che qualcuno ha frugato l’abitazione del vecchio, cercando di non darlo a vedere, il gruppo si divide.

L’inquisitore corre a controllare i suoi alloggi: sono stati perquisiti anche quelli, ma pare che gli intrusi non siano riusciti ad aprire la cassaforte; a questo punto non resta che ricopiare gli appunti presi in questi giorni ed archiviarli, e fare una visita alla misericordia per farsi pulire e medicare le ferite. Il gesuita decide di sviluppare le foto fatte finora (con l’aiuto del vecchio pilota) … una foto in particolare lo colpisce … ha un che di stranio ed affascinante … ma la mente non è veloce come l’occhio ed un particolare che poteva essere importante sfugge. Il templare si reca alla sua loggia per far riparare il suo equipaggiamento e per vedere che aria tira … L’ex-pugile va alla misericordia in cerca di aiuto per studiare il panno con l’unguento misterioso raccolto a Venzone … l’aiuto si presenta nella forma di un francescano novizio, Fratello Alfredo era un farmacista ed al grido di “meglio francescano in convento che eretico al rogo” ha preso i voti ed è stato spedito qui per il suo primo incarico ufficiale di “erborista”. Senza sapere bene il perché sembra che sia ben felice di mettere le sue conoscenze di chimica e farmacologia al servizio di questo strano francescano fino ad ora sconosciuto …. basta farlo di nascosto da Fratello Anselmo, il maestro erborista di questa misericordia.

 

Nel pomeriggio il gruppo è riunito con molti interrogativi ancora aperti … e con la crescente curiosità di vedere cosa ci fosse nel paese che solo la sera prima sembrava un rischio inutile. I nostri eroi scelgono a questo punto di mettere a frutto il pomeriggio e, lasciato alla loggia un templare fuori forma e preso di nuovo il camion, si mettono in strada con la seria intenzione di dare un’occhiata a quel paese. Si avvicinano lungo l’unica strada … il paese è piccolo una decina di case ad uno o due piani, un palazzo un po’ più grande e la cheisa che danno sull’unica piazza. Avvicinandosi dalla strada si intravede la chiesa, la piazza … ed un grosso albero proprio in mezzo alla piazza: un platano dai cui rami più bassi penzola un impiccato!

La prudenza si fa di nuovo strada nelle menti dei nostri eroi che cautamente si avvicinano a controllare; “… è morto morto! È intero per miracolo … sono solo un po’ di tendini malridotti a tenerlo insieme … dev’essere appeso da un bel po’ … Il problema potrebbe essere: chi l’ha appeso? Senza contare che sarebbe il caso di tirarlo giù e dargli un minimo di degna sepoltura!”. Così il francescano si prende l’incarico di tirare giù e seppellire questo cadavere (NdDM: l’impiccato non presenta traccia di risveglio … ma i nostri eroi non ci fanno troppo caso) … mentre gli altri fanno la guardia, occhi aperti ed orecchie dritte, pronti a difendersi da qualsiasi nemico e pronti a dare l’allarme al minimo problema.

 

 

Proprio in questo frangente qualcuno sente dei rumori provenire da una delle case vicino alla chiesa … a ben guardare una casa con le finestre barricate … “Che ci sia qualche sopravvissuto bisognoso dell’aiuto e della protezione dell’Imperium e della Chiesa?” … l’inquisitore è quello che sembra più interessato alla situazione e comincia ad avvicinarsi alla casa chiedendo a gran voce a chiunque sia nascosto lì vicino di mostrarsi senza paura, il tutto sempre mentre il gesuita ed il pilota sono pronti ad intervenire armi in pugno.
Cosa vuoi da noi prete!?
Si presenta così un giovane (di circa 15 anni) … esce dalla casa barricata impugnando un forcone con aria minacciosa e risponde spavaldo alle richieste ed alle provocazioni dell’inquisitore che, nel trattare col povero giovane contadino sopravvissuto, dimostra una volta di più di avere una pazienza molto molto scarsa.
È la presenza del francescano (di nuovo) a calmare le acque ed a rendere vivibile la situazione … si arriva così a scoprire che sono cinque i sopravvissuti: il ragazzo armato di forcone, le due sorelle più giovani del ragazzo (di 6 e 9 anni circa, rispettivamente), la loro madre ed una vecchia vicina di casa che loro ormai chiamano nonna. Il padre della famigliola è morto da poco più di tre anni, attaccato ed ucciso da un morto molto agile e feroce che pare si aggiri ancora nei dintorni e che pare aver sviluppato una sorta di timore per il ragazzo armato di forcone. È stato il ragazzo ad impiccare l’uomo trovato in piazza … aveva cercato di violentare sua madre e di uccidere lui e la vecchia per rubare le poche cose ed il poco cibo che avevano (le due bambine se ne stavano nascoste); così lui lo ha fermato, immobilizzato ed impiccato per punizione.
Hanno barricato il piano inferiore della casa creando una specie di piccolo labirinto per fermare i morti più stupidi e semplici, ed hanno adibito l’intero piano superiore a loro rifugio. Sono sopravvissuti mangiando un po’ di tutto di quello che riuscivano a trovare in giro e/o a coltivare; non sanno praticamente nulla dell’Imperium e non sembrano intenzionati a muoversi da lì … o almeno … il giovane ha trovato talmente negativo il modo di fare dell’inquisitore dal fargli dire che per loro sarebbe meglio restare lì piuttosto che trovare salvezza dai morti in un paese libero, ma pieno di preti arroganti ed intransigenti.
Insomma il clima non è proprio rilassato … e da parte sua il giovane inquisitore non intende lasciare correre l’impiccagione (un vero e proprio omicidio secondo lui) ed intende prenderne nota per poi infliggere la giusta punizione alla prima occasione.

È ormai sera quando i nostri eroi decidono di rimettersi in strada verso Cividale … non prima di aver ceduto parte dei loro viveri ai cinque sopravvissuti e di aver concluso con l’oro l’accordo che, prima o poi, qualcuno sarebbe partito da Cividale per venire a cercarli ed a controllare che stessero bene.

 

Il ritorno a casa non è dei più tranquilli … il gesuita è seduto a fianco del pilota (che stà guidando) e, nonostante sia in qualche modo distratto, nota una moto appoggiata ad un albero di un boschetto al lato della strada. Il camion si ferma …
Il francescano e l’inquisitore scendono dal retro … il gesuita non si fida ... qualcosa lo turba e si mette in posizione con la mitragliatrice sul tettuccio … il vecchio asso dei cieli vorrebbe imbracciare il fucile ma non vuole scendere così si limita alla sua fida pistola. Le precauzioni si rivelano ben fondate … un morto solleva il muso dalla persona che stà divorando e si getta verso la carne fresca rappresentata dai due chierici scesi dal camion … Ma i due non si fanno certo intimorire e, sfoderati spada e bastone, danno vita ad un furioso combattimento contro un morto molto più agile e feroce del previsto. I numerosi colpi di spada e di pistola messi a segno non bastano a fermare l’abominio … meglio cambiare tattica e dare modo al gesuita di fare fuoco con la potente mitragliatrice. La nuova strategia dà i suoi frutti ed il morto viene gambizzato … limitato nei movimenti non demorde comunque ed è un provvidenziale inquisitore che con un colpo di spada al collo gli stacca la testa e pone praticamente fine al combattimento.
Non resta che renderlo del tutto innocuo facendo a pezzi ciò che ancora si muove e bruciandone i resti … assieme alla sua vittima che, agli esperti occhi del francescano, sembra morta di malattia prima che per i morsi del terribile morto. “Varicella forse … o morbillo … o peggio … meglio non rischiare … bruciamo tutto … anche se è roba che ci sembra a posto o che può esserci utile …”. Solo la moto si salverà dal rogo e verrà caricata sul camion e portata a Cividale.

Così le ombre della sera si allungano anche su questo giorno (martedì 19 luglio) … e nel caldo della sera i nostri eroi rientrano nella cittadella fortificata, sperando in una cena migliore della precedente, ma intenzionati comunque a dare almeno una seconda possibilità al vecchio asso dei cieli (e dei fornelli).

07 ottobre 2011
 

CAPITOLO 6: GIUBBOTTO DI PELLE.
 

La sera di martedì 19 luglio i nostri eroi chiedono ad uno dei templari anziani di organizzare per loro un incontro col maestro templare; sanno che sarà dura perché il maestro è impegnato in una qualche riunione segreta e non può o non vuole vedere nessuno; ma ci provano lo stesso. Il resto della serata passa tranquilla, nonostante una nuova cena terribile cucinata dall’asso dei cieli; lui ce la mette tutta, ma proprio non gli riesce di cucinare qualcosa di decente, “… troppi pensieri per cucinare come Dio comanda!”.

 

L’alba di mercoledì porta una buona notizia: il maestro templare li riceverà … presso la Misericordia. E così il vecchio asso dei cieli, il giovane templare ed il francescano si presentano lì all’alba per spiegare tutti gli strani accadimenti dei giorni passati a colui che ritengono essere l’unico di cui possono fidarsi completamente (NdDM: non per niente lasciano “a casa” il gesuita e, soprattutto, l’inquisitore). Sperano, inoltre, che il maestro dia loro indicazioni su dove dirigersi ora … ma la speranza in questo caso si rivela vana ed ottengono semplicemente un “… continuate a seguire il giovane inquisitore … lui è convinto di sapere dove andare … e, se non altro, sembra guidato da una fede sincera, sotto quella maschera di severità!”.

Insoddisfatti decidono di dividersi e di passare la giornata ognuno per proprio conto; ne stanno discutendo mentre tornano verso il Duomo, quando improvvisamente un nuovo fatto strano irrompe nelle loro vite: da un furgone militare che giunge a forte velocità lungo la strada d’accesso al paese scendo tre miliziani che trascinano un quarto uomo che sembra ferito … Il francescano si offre subito come aiuto, e scopre che l’uomo non è ferito ma è in pieno delirio e non sembra si stia esprimendo in una lingua comprensibile. L’uomo viene immediatamente portato alla misericordia dove viene sedato … sembra sia “posseduto” da uno spirito maligno … “Servirebbe un esorcismo …” è la diagnosi di diversi frati.

 

Mentre si decide il da farsi i miliziani sopravvissuti spiegano l’accaduto: si stavano trasferendo da Venezia verso Trieste ma il loro pilota ha sbagliato strada … si è perso … ad un tratto sono stati attaccati da dei briganti in motocicletta … forse zingari … forse cacciatori di morti senza scrupoli … forse semplici briganti. La fuga sembrava impossibile fino a quando sono giunti in prossimità di una strana serie di colline “finte” … a quel punto gli inseguitori hanno cominciato a perdere terreno perché il loro autista, spinto da una incredibile paura, ha cominciato a guidare in modo avventato e spericolato … così sono riusciti ad allontanarsi … hanno proseguito lungo diverse strade evitando i paesi e superandoli a grande velocità se proprio non potevano evitarli, fino a che non hanno avvistato i vessilli dei templari sulle mura di Cividale. Così sono arrivati qui.
Ed il loro compagno ed amico ha cominciato ad urlare e dimenarsi e delirare proprio vicino a quelle colline finte.

 

Il racconto colpisce i nostri eroi … e mappa alla mano basta un po’ di intuizione per capire che le “colline finte” non sono altro che le mura di Palmanova … la loro possibile prossima meta.

 

 

Tornati sbigottiti alla piazza si trovano davanti ad un poveraccio che viene legato alla gogna dagli excubitores locali, come punizione per i suoi peccati inflitta dal maestro inquisitore (il maestro del nostro inquisitore, che ancora non se n’è andato da Cividale).
Il francescano prova a chiedere ai passanti cosa abbia fatto il poveraccio per meritarsi la gogna; in molti non gli rispondono, dagli altri ricava poco, se non che nei giorni passati (in pratica dalla loro partenza – il 16 luglio) sono stati diversi i “peccatori” scovati dal maestro inquisitore … quasi volesse instaurare un clima di forte terrore in paese; quindi torna alla misericordia a parlare col suo amico “erborista” per vedere se c’è qualche novità sull’analisi dello straccio imbevuto d’unguento recuperato a Venzone. Le novità ci sono, ma sono pochine: in pratica si ha la certezza che sia una sostanza che inumidita e resa “cremosa” può aiutare a lenire le ustioni, anche quelle gravi; il sale di cui è composta, però, una volta disidratato è fortemente caustico e potrebbe causare delle brutte ustioni.
Il templare, un po’ inorridito dalla situazione dapprima si accoda al francescano per sentire le novità sulla strana sostanza trovata nei giorni passati; poi, all’improvviso, decide di tornarsene sui suoi passi e di dedicarsi alla preghiera ed alla meditazione; per questo si ritira alla rocca per diverse ore.
Il vecchio aviatore pur colpito dalla situazione, decide di mettersi a cercare un nuovo giubbotto di pelle … quello del motociclista morto gli piaceva molto, ma con le malattie non si scherza, quindi è stato bruciato … “Un vero peccato … era proprio il modello che volevo …”. Passa così il pomeriggio a cercare in paese qualcuno che abbia un giubbotto simile da vendergli; sembra una missione impossibile, nessuno ha qualcosa che si avvicini minimamente a quello che lui desidera.


Ma il ritorno a casa porta una bella sorpresa: al pomello della porta è appeso un meraviglioso giubbotto di pelle da aviatore … uno di quelli da aviatore americano (della seconda guerra mondiale); esattamente del modello e del colore che il nostro asso dei cieli desiderava. “Da dove è arrivato questo?” mormora tra se il vecchio mentre gli altri due  lo raggiungono come d'accordo per la cena (e lo trovano imbambolato davanti alla porta di casa a fissare il giubbotto).
Un minimo di prudenza consiglia di controllare il giubbotto … ma il vecchio non resiste e lo prova. È incredibile è proprio della sua misura, calza a pennello … e dentro una tasca: una spilla … un paio di ali della R.A.F.
Il vecchio è commosso …

I tre si guardano un attimo in giro per vedere se ci sia qualcuno che li osserva … ed è proprio il vecchio che scorge una figura vestita di nero (un prete) che si nasconde dietro un angolo ma, vistosi osservato, fugge. Il vecchio lo insegue lasciando gli altri impalati lì dove stanno, ma dopo poche vie il misterioso prete è scomparso … nessuno lo ha visto passare oltre, ma di lui non c’è più traccia. Resta solo un biglietto, scritto in italiano, attaccato ad una vecchia porta:

 

Questo è un ringraziamento per aver protetto la vita di mio Figlio!

Sufficientemente inquietante, ma in qualche modo positivo … il vecchio, se proprio non più tranquillo di prima, almeno ha la sensazione di aver ricevuto il giusto premio per qualcosa che ha fatto … “… ma chi diavolo è questo Figlio scritto maiuscolo?”.

 

 

La sera e la cena passano chiacchierando e discutendo proprio di questo messaggio e del suo significato … e quando cala la notte tutti si coricano con un leggero senso di inquietudine (o era mal di pancia causato dalla solita cucina creativa del vecchio?) …


Arriva la mattina di giovedì 21 luglio … ed il caldo si accompagna all’indecisione su “dove andare”. Anche il giovane inquisitore sembra non del tutto convinto della prossima tappa (NdDM: che nella sua mente dovrebbe essere proprio Palmanova … la città in cui dimora il diavolo, almeno stando a quanto trovato tra gli averi del piromante).
 

14 ottobre 2011



CAPITOLO 7: PALMANOVA?



Indecisi o meno, fatte le ultime “indagini” del caso, di buon’ora i nostri eroi lasciano Cividale verso la meta fonte di tanti dubbi e perplessità: Palmanova (siamo sempre giovedì 21 luglio).


Il viaggio col camion è tranquillo, anche se un po’ più lungo del previsto a causa della scarsa conoscenza del territorio. Finalmente (sono circa le 11:00 del mattino) i nostri eroi avvistano le possenti mura della città, arrivano da nordest, e si accingono ad entrare da quella che è nota come “Porta Cividale” … ma non riescono a raggiungerla; mano a mano che si avvicinano sentono un forte senso di pericolo e ben presto vengono avvolti da uno strano senso di paura. In particolare tocca al giovane templare entrare in una profonda crisi di panico: si abbraccia al vecchio pilota (che è alla guida del mezzo) e, tremando e piangendo, gli chiede … lo implora di andare via … di cambiare strada … di allontanarsi da questa città.
Anche il francescano è spaventato e preferirebbe allontanarsi … ma riesce a rimanere più lucido. Fermi per un attimo per rifiatare e riprendere la calma, i nostri eroi hanno il tempo di notare come il silenzio attorno alla città sia irreale e che, almeno a quanto si può scorgere dalla porta, dentro le mura lungo le strade sono appesi decine … centinaia di drappi … sembrerebbero lenzuola.
Si decide di avanzare ancora lungo la strada che accede in paese. Un nuovo attacco di panico si scatena tra i nostri eroi … e questa volta ne è vittima anche il guidatore che preferisce rinunciare, cambiare strada ed allontanarsi subito.

 

Percorrendo a forte velocità alcune vecchie strade di campagna i nostri eroi cominciano a farsi un’idea della strana forma “a stella” della città … e d’improvviso si ritrovano su una nuova strada che porta verso l’interno. Siamo a sud del paese …
I nervi sembrano essersi calmati almeno un po’. Una nuova ed attenta osservazione porta a dire che i “drappi” misteriosi sembrano essere ragnatele … un’infinità di ragnatele. La curiosità di vedere cosa c’è dietro quelle mura è sempre più forte, soprattutto per l’inquisitore che si sente un “prescelto da Dio per sconfiggere il diavolo”.


E mentre il giovane prete freme dal desiderio di impartire la giusta punizione divina al demonio, gli altri vengono distratti da uno strano odore che attira la loro attenzione: carne alla griglia. Si inizia così una lunga discussione sul da farsi: da una parte l’inquisitore che vorrebbe entrare in città immediatamente … dall’altra gli altri che premono per scoprire chi stia grigliando che cosa … con la speranza di ricavarci un buon pasto. Sembra che il gruppo stia per spaccarsi con l’inquisitore fermo sui suoi principi ed inamovibile nel suo desiderio di entrare … poi all’improvviso cambia idea … dopo lunghe discussioni (ed ormai mezzogiorno è passato da un pezzo). Così il gruppo segue la strada verso sud verso Aquileia (dove l’inquisitore è nato) … ma basta poco più di un kilometro di strada per trovare la fonte dell’odorino percepito: da dietro un muro realizzato con rottami di una casa mezza bombardata si alza un filo di fumo, si spanda il profumino di carne arrostita e si sente vociare.


Il rombo del motore del camion ed i saluti urlati dai nostri eroi mettono a tacere tutte le voci … passano alcuni istanti di silenzio carico di tensione, col gesuita di nuovo al suo posto di “mitragliere” pronto a falciare con una raffica qualsiasi nemico gli si pari di fronte. Dalla casa esce un francescano dalle vesti vecchie e consumate e con una fluente barba bianca … sembra un predicatore errante ed invita cortesemente i nostri eroi ad entrare in casa ed a dividere con lui ed i suoi fedeli il pasto che stanno cucinando.
Altri sopravvissuti … è una benedizione …” sono i commenti dei nostri eroi che accettano sorridenti, contenti per avere, una volta tanto, qualcuno al corrente della situazione italiana che possa aiutarli ad interagire con i locali. Si trovano così al riparo di un muro con altre sette persone (il francescano e sei sopravvissuti), con una mucca, un asino e due maiali … una tavola imbandita e carne a rosolare sulla griglia; una situazione quasi paradisiaca, “… e poi il profumo della carne arrostita è così invitante…”. Tanto invitante da far abbassare la guardia ai nostri eroi che solo quando il vecchio francescano sussurra alle spalle del vecchio pilota “… e voi sarete il nostro pasto …” poco prima di provare a morderlo, si rendono conto della situazione: la carne sulla griglia è carne umana ed i sette sono tutti morti.
Ha così inizio uno scontro epocale … i nostri eroi sono circondati ma si accordano in fretta per raggiungere l’uscita ed il camion per avere una potenza di fuoco maggiore … il corpo a corpo è però inevitabile, soprattutto contro il vecchio francescano che si dimostra agile, feroce e subdolo … ed il combattimento si fa via via più difficile mano a mano che i sette morti si avventano sui nostri eroi … e mentre con pochi precisi colpi il vecchio frate viene abbattuto , nella concitazione della battaglia l’inquisitore si getta in aiuto del vecchio pilota (sbilanciato e ferito) e finisce per cadere e trascinarlo a terra con se … potrebbe essere la fine con sei morti famelici che incombono su di loro e solo il templare (anche lui ferito ed oramai senza armatura a proteggerlo) a frapporsi tra loro ed una fine certa ed orrenda.
Ma proprio il templare si rivela “miracoloso” in questa situazione … invocando la  benedizione di Dio e l’intercessione di San Michele assume una inusuale posa da battaglia e con un unico colpo di spada abbatte, tagliando loro le teste, tutti i morti che lo circondavano … la battaglia è vinta grazie a questo gesto sovrumano.
Non resta che ripulire il caseggiato e placare gli animali (che sono vivi) e prendersene cura, cosa che tocca al francescanoed al pilota … e non resta altro che rendere grazie per le grazie ricevute, in particolare per il templare e per l’inquisitore. Nel frattempo il gesuita fa un giro del paese per controllarne i dintorni: il paese sembra chiamarsi Sevegliano, le case sono tutte state bombardate durante la ritirata tedesca, non ci sono sopravvissuti, e non c’è nemmeno traccia di altri morti; verso la campagna c’è un bosco un po’ impaludato che ha un che di spaventoso e pauroso, ma per il resto non c’è molto da dire.

 

A questo punto riuniti e tranquilli i nostri eroi decidono di rimanere per il resto della giornata e per la notte nella casa ripulita; e cominciano a riflettere su quanto visto: “… morti che parlano e che ingannano … e che mangiano carne umana cotta … robe da finire al rogo solo per aver detto di averle viste … ma deve essere tutta opera del demonio che vuole le nostre anime … ma la nostra fede lo abbatterà …”. Insomma l’atmosfera non solo non è delle più felici … ma anzi fa aumentare l’impazienza del giovane inquisitore che, trovata una vecchia bicicletta la rimette in sesto (con l’aiuto del vecchio pilota) e si dirige da solo di nuovo verso Palmanova.
Lungo la strada si perde in diversi pensieri … ma alla fine alla vista della porta sud (“Porta Aquileia”) decide di entrare da solo … dopotutto lui è l’Eletto. Si avvicina … prova forti brividi di paura … ma resiste alla tentazione di tornare indietro, dopotutto lui è l’Eletto. Dentro le mura si vedono ancora le ragnatele … un nuovo senso di disgusto si mescola alla paura che già striscia nell’animo del nostro coraggioso inquisitore. Guardandosi in giro vede diversi accessi ai sotterranei della città …


Avanza ancora, tremante!

 

Buongiorno padre!

Una voce alle sue spalle lo gela … si gira credendo di vedere chissà cosa, ed invece trova solo uno strano uomo alla guida di un carretto a pedali: all’apparenza si tratta di una qualche specie di mercante, “… ma da dove è sbucato fuori questo?”.

21 ottobre 2011


CAPITOLO 8: AQUILEIA

Eravamo rimasti col nostro giovane inquisitore in procinto di entrare a Palmanova, fermato da uno sconosciuto mercante (è sempre giovedì 21 luglio). Il colloquio con il mercante non è molto fruttuoso e vale poche informazioni al nostro inquisitore, solo qualcosa sui paesi vicini e poco o nulla su Palmanova e sul presunto diavolo che vi dimorerebbe … si sa solo che è un posto pericoloso dove lo strano mercante non si ferma mai.


I due si salutano ed il nostro eroe solitario riprende il suo cammino verso “Porta Aquileia”, l’ingresso sud di Palmanova. Mentre si avvicina sente la tensione salire … si guarda indietro ma il mercante è già sparito … un senso di paura lo assale ma lui resiste … stoico … si avvicina ancora, mancano solo pochi passi. All’improvviso un suono … un corno … un segnale militare, sembra … ed altrettanto all’improvviso appaiono delle figure translucide che sembrano armigeri in armatura di guardia sulle mura ed alle porte della città. L’apparizione terrorizzerebbe chiunque, ma non il nostro eroe che, forte della sua fede, si avvicina ancora … le guardie si fanno avanti con tono minaccioso non appena lui entra nel piccolo spazio tra le due porte.
Dall’altra parte appare una figura curva ed incappucciata che attraversando la strada rivolge poche parole al nostro prode inquisitore: “… vattene di qui! Non ti lasceranno entrare. Morirai … Questa terra è del diavolo … e tu non puoi niente contro di lui …”. Il prete prova a replicare, ma l’altro semplicemente lo ignora.


L’inquisitore fa un ulteriore passo avanti e viene attaccato dalle due guardie-fantasma … le lance sembrano attraversarlo senza fare danni … come fossero illusorie … invece, il dolore esplode alla spalla destra, come se fosse stata veramente trafitta. Il prete non demorde e prova, con le preghiere ad esorcizzare le due presenze spettrali, senza successo (e con una sonora risata da parte del misterioso uomo incappucciato) … Un nuovo attacco delle due guardie … la scena si ripete simile alla precedente e questa volta è la gamba sinistra a risultare perforata … la ferita è grave ed all’inquisitore non resta che ritirarsi e confidare in Dio e nella Madonna che lo facciano tornare sano e salvo dai suoi compagni.

 

Già perché in tutto questo trambusto gli altri erano rimasti a guardia della casa del vicino borgo chiamato Sevegliano, che ripulita dai morti era stata eletta a loro rifugio temporaneo. Passano le ore e dell’inquisitore non si vede traccia … il gruppo comincia a preoccuparsi. Finalmente il gesuita ed il giocane templare si decidono a vincere le loro paure e ad andare a cercarlo verso Palmanova. Scendono in strada appena in tempo per vedere che il loro compagno (non oso dire “amico”) barcolla ormai sul punto di svenire e resta in piedi solo perché aggrappato alla bicicletta.
Appena in tempo … le cure prestate a questo punto valgono tanto da salvare la vita del prete col mantello rosso. E ora non resta che aspettare che si riprenda e decidere cosa fare.

Cala la sera e scoppia un furibondo temporale … tuoni e fulmini squarciano il silenzio e l’oscurità della notte … qualcuno cade anche molto vicino alla casa, ma nessuno resta ferito … solo la tensione e la paura aumentano.

 

 

L’alba porta la fine delle piogge … ed i segni del temporale sono ben visibili. Su un albero il fulmine ha lasciato un disegno a forma di freccia che punta a sud … “Un segno del cielo? Forse … magari se salgo sul campanile potrei vedere cosa c’è a sud di qui …”. E così parlottando tra se e se il gesuita si incammina di nuovo tra le viottole del paese … un paesotto molto modesto e dove la guerra ha lasciato molti segni … bombardamenti … case in rovina … al resto hanno pensato i morti.

Raggiunta la chiesa, sembra che il campanile sia troppo pericolante per azzardare una salita … ma vale comunque dare un’occhiata in giro; sul retro della chiesa c’è un piccolo cimitero … un po’ più in basso rispetto alla strada … il buon gesuita si avvicina e nota una buca al centro del cimitero … non riesce a dire se sia stata scavata o se sia il risultato di una bomba di qualche tipo … un rumore da dentro la buca lo insospettisce. Si avvicina ancora solo per vedere qualcosa che lo tormenterà negli incubi finchè avrà vita: un groviglio di cadaveri … tutti fusi gli uni con gli altri ma ancora in movimento ed ancora famelici … una … una cosa troppo grossa per muoversi … un incubo!


Il prete scappa e corre a chiamare in aiuto gli altri per distruggere quell’abominio. Tornano lì in tre: il gesuita, il templare e, nonostante le ferite, l’inquisitore. Tornano armati di tutto punto e con un po’ di gasolio (prelevato dal camion) per bruciare fino in fondo l’orrore descritto dal gesuita sotto shock. Tornano al piccolo cimitero … si avvicinano alla buca … ed è vuota. Ma qualcosa di strano c’è ancora … i graffi causati dall’ammasso di cadaveri ci sono ancora … e non sembra che sia uscito dalla buca …

 

Insomma i tre non ci capiscono più nulla. Decidono di fare comunque qualcosa e, mentre il templare si prepara a buttare il gasolio nella buca per fare comunque un fuoco purificatore, gli altri due mettono in piedi un rito di “esorcismo” … per placare le anime dei morti che riposano in questo luogo. Sorprendentemente il rito ha qualche effetto … un turbinio d’aria smuove improvvisamente polvere e foglie … poi tutto tace … torna la calma ed il luogo sembra permeato da un’atmosfera più serena.

Come se non bastasse sia il gesuita sia l’inquisitore sono convinti di aver veramente visto le anima alzarsi da terra e volare in cielo nella benedizione di Dio … autosuggestione? Forse … ma forse no.

 

Il resto della giornata passa tranquillamente a Sevegliano, tra confessione, preghiere, pensieri e tentativi di scoprire cosa ci può essere a sud … “C’è Aquileia a sud … è … anzi era casa mia!” spiega improvvisamente l’inquisitore … poi continua: “Non ho mai sentito di rosari particolarmente rari o antichi … o di reliquie “magiche” … ma era una chiesa importante … nel medioevo intendo. Nessuno di voi ha mai sentito parlare del Patriarcato? Del Patriarcato di Aquileia? No eh … Ossignor! Va beh, fidatevi  … è l’unica cosa a sud di qui che possa essere degna di nota …”.
Così d’improvviso la decisione è presa … si va ad Aquileia. In cerca di nuovi indizi … ed a vedere cosa è rimasto della casa dell’inquisitore.

 

Finalmente giunge la mattina (sabato 23 luglio) e l’idea di allontanarsi un po’ da Palmanova mette stranamente di buonumore i nostri eroi.
In breve il camion è caricato e si parte … direzione sud (circa) verso Aquileia. La strada è facile ed il vecchio pilota non fa alcuna fatica ad arrivare in vista del campanile e del paese; piccoli e grandi paesotti si susseguono velocemente lungo la strada dritta ed alberata … Strassoldo, qualcosa che finisce in “nano”, Terzo di Aquil … poi non si capisce, ma pare logico che sia proprio Aquileia. Unica nota di stranezza di questo breve viaggio è il fatto che istintivamente sceglie alcune strade, piccole deviazioni, come se volesse evitare di incontrare qualcuno o qualcosa … per arrivare senza pericoli a destinazione. Nessuno si spiega la cosa … nemmeno il pilota, ma nessuno gli dà nemmeno molto peso.

 

I campi ai lati della strada sono infestati dai morti … le premesse non sono le migliori … ma i morti sono lontani e sono in condizioni pessime … ridotti a brandelli e mangiati dai corvi. Di nuovo tantissimi corvi. “Ci penseranno il sole ed il caldo e farli a pezzi …”.
Il camion sta per entrare in paese quando il nostro inquisitore ha l’intuizione … “Proviamo a passare prima di qua (indica una strada laterale) … si arriva ad un convento, dove studiavo io prima del girono del giudizio. È un buon posto per ripararci e magari troviamo anche qualcuno …”. L’idea è approvata e ben presto il camion si ferma davanti all’ingresso di un complesso che, pur non essendo un vero e proprio convento, potrebbe benissimo servire allo scopo: attorno ad un cortile col pozzo si raccolgono, su tre lati, diversi edifici ed una chiesetta con un basso campanile; davanti ad ogni edificio un pergolato di vite … il lato aperto del cortile si affaccia, con un muretto ed una ringhiera, su un fiumiciattolo attraversato da un ponticello … non c’è cancello … solo un arco di pietra a formare un portale.
Non è prudente entrare col camion … il ponticello cederebbe … andiamo a piedi e diamo un’occhiata.

 

Non sarà la tattica più prudente ma questa volta si rivela vincente; i nostri eroi incontrano l’ormai unico abitante del convento, un francescano errante (nominato frate a sua volta da un altro francescano errante ormai una decina di anni or sono) che si presenta come Padre Giacomo (uno strano caso di omonimia proprio col nostro inquisitore). Il frate spiega che per qualche strano motivo i morti non attraversano il fiumiciattolo e non entrano dal cancello … quindi, una volta barricate porte e finestre che danno verso la campagna che gli sta attorno, il convento si è rivelato una piccola fortezza. Purtroppo le malattie e gli stenti hanno ucciso uno dopo l’altro il superiore prima ed i suoi confratelli poi … lui è l’ultimo sopravvissuto … ed è ben felice di aver finalmente trovato qualche altra anima vivente.
 

04 novembre 2011

CAPITOLO 9: STRANEZZE

Il gruppo è ad Aquileia, ospite di Padre Giacomo nel convento-fortino ricavato negli edifici attorno alla basilica paleocristiana (è ancora sabato 23 luglio). Non c’è accordo su cosa fare … da una parte c’è chi (come il francescano ed il gesuita) vorrebbe sincerarsi delle condizioni di una misteriosa vecchietta che vive da sola a circa un kilometro di distanza verso le campagne; dall’altra c’è il giovane inquisitore che vuole assolutamente dare un’occhiata al campanile ed alla basilica. Nell’aria c’è una nuova lunga discussione, ma sorprendentemente non scoppia: il gruppo semplicemente si divide per un po’ con tre che vanno dalla vecchia (il francescano, il gesuita ed il templare – come scorta) e gli altri due che restano, per ora, con Padre Giacomo.

 

 

I tre si incamminano a piedi. I morti che si trovano a breve distanza da loro non li degnano di attenzione e continuano a vagabondare “a casaccio” nei campi ormai lasciati a loro stessi. In pochi minuti i nostri eroi raggiungono il cortile della vecchia casa colonica … attorno a loro solo silenzio, e nessun segno di vita. Il francescano prova a chiamare “C’è qualcuno?” … ancora qualche istante di silenzio e la porta si apre cigolando e scricchiolando, per mostrare una vecchia vestita di scuro e con la schiena molto curva … una figura inquietante.
Con una voce flebile la vecchia chiede ai tre visitatori di presentarsi e dopo aver ricambiato il saluto, comincia a chiacchierare amabilmente con loro (in particolare con il gesuita – l’unico vestito “da prete” dei tre) … si fa aiutare a spaccare un po’ di legna … chiede che la sua casa sia benedetta … potrebbe sembrare una normalissima vecchietta, se non fosse che abita da sola da chissà quanti anni e che non si capisce cosa mangi e come faccia a procurarsi il cibo (fatte salve alcune galline tenute “nascoste” in casa). Come se non bastasse tiene in casa una statua della Madonna che pare essere troppo grande e “fuori posto” per la casa … come se fosse stata “presa” in una chiesa … la vecchia le è molto devota e sembra che la nicchia adibita ad altare sia il luogo più curato e pulito della casa.
I nostri eroi sono perplessi … e si tranquillizzano solo in parte quando la vecchia ribadisce di voler rimanere lì da sola: “Sono nata qui e morirò qui! Quando la Madonna lo vorrà!” … La vecchia donna chiede ai nostri eroi di dire a suo figlio (che lavorava a Roma in periodo fascista) che lei è lì e che lo aspetta … casomai lo trovassero; e per facilitargli il compito gli lascia una fotografia del giovane (che ora dovrebbe avere comunque una trentina abbondante di anni).
Sulla via del ritorno, come se non bastasse la stranezza della vecchia, il templare vuole togliersi la soddisfazione di capire qualcosa di più su questi strani morti disinteressati … si avvicina ad uno, e questo ancora lo ignora … gli si para davanti con la spada sguainata, e ancora non succede nulla … solo quando il templare colpisce il morto reagisce e prova a mordere … ma è goffo, più dei morti visti fino ad ora … e cade sotto i colpi del cavaliere dopo un paio di tentativi di morderlo finiti in un tremendo ruzzolone a terra. I corvi ringraziano e non appena i nostri eroi si allontano corrono a cibarsi dei miseri resti.

Stranezze su stranezze.

L’unica cosa di cui i nostri eroi si rendono effettivamente conto è che i campi, o meglio i terreni che un tempo erano stati campi coltivati, sono costantemente umidi e fangosi … “Che sia collegato ai morti inebetiti? Boh!?” … perplessi tornano al convento,  solo per trovare l’inquisitore in preda a tremendi dolori alla pancia.

 

Il giovane inquisitore, infatti, ha voluto a tutti i costi provare ad arrivare da solo al campanile ed alla basilica; conosce il posto … è nato qui, decide di percorrere la strada che attraversa l’antico porto fluviale romano, ma strada facendo si è visto bloccare il passo da morti dall’aspetto molto feroce … senza contare l’odore di zolfo che sale dalle pozze d’acqua presso le rovine del porto. Saggiamente il prete decide di non andare oltre e di tornare sui suoi passi e tornare al convento … per strada però non resiste alla tentazione di mangiare un paio di fichi da un albero: evidentemente non erano buoni dati i dolori di pancia che gli hanno provocato.

 

 

E così il gruppo è riunito sul far di mezzogiorno e decide di muoversi nel pomeriggio per andare col camion fino a davanti alla basilica. Detto fatto si parte. Ed in pochi minuti la basilica ed il campanile sono in vista in fondo ad una strada … ma anche un paio di morti sono in vista: il francescano ed il templare non hanno dubbi “… premi sul gas e tiriamoli sotto … cosa vuoi che sia … sono solo quattro ossa, un po’ di muscoli tenuti insiemi da pochi tendini … falciamoli e festa finita!
Il piano sarebbe anche buono se non fosse che la sfortuna colpisce … il camion travolge i tre morti e si ferma sputacchiando fumo in mezzo alla piazza davanti alla basilica … non resta che scendere. E mentre il vecchio pilota bestemmiando tra i denti prende la cassetta degli attrezzi ed apre il cofano per scoprire cosa sia successo, gli altri si dirigono alla basilica.
Anzi no … prima tocca al campanile … la salita è lunga e soprattutto faticosa (in particolare per il gracile inquisitore) … ed in cima solo un incredibile panorama sulla circostante pianura friulana attende i nostri eroi: un panorama reso più “curioso” da due pennacchi di fumo visibili in lontananza: uno a nord in direzione proprio di Palmanova, ed uno a sud verso il mare. Un po’ intristiti dal non aver trovato niente di utile o di strano scendono … e si dirigono finalmente verso la basilica.

 

La porta è pesante … ma non è chiusa a chiave … si apre. Lo spettacolo all’interno ha un che di strano: il pavimento è circa un metro (o un metro e mezzo) al di sotto del piano di ingresso, ed è tutto invaso dall’acqua; i mosaici, i famosi mosaici, sono completamente coperti dall’acqua e dalle piante che vi crescono; i muri sono coperti di muschio fino a circa due metri due metri e mezzo d’altezza; l’altare, in alto tanto quanto l’ingresso, sembra a posto; il tetto presenta diversi buchi da cui entra la luce … non sembrano sufficienti a giustificare un simile allagamento, devono esserci delle infiltrazioni da sotto; non sembra nemmeno di entrare in una chiesa; in alto, dal soffitto, pende un vecchio crocefisso che sembra ancora in buono stato.

I nostri eroi non si azzardano a mettere piede in acqua ed optano per provare a fare il giro all’esterno ed entrare dalla sacrestia.

Entrare da qui è più facile … certo i nostri eroi sono costretti a sfondare la porta, e nel farlo attirano l’attenzione di un paio di morti feroci, ma la porta appena scardinata si rivela comunque una buona barricata ed i morti vengono chiusi fuori. Si prosegue con l’esplorazione … c’è un cancello che porta verso le cripte, che sembrano invase dall’acqua più di quanto non sia la sala principale della basilica … il templare vorrebbe dare comunque un’occhiata ma il buon senso ed i suoi compagni lo fermano. Comunque due cose attirano l’attenzione dei nostri eroi: il crocefisso ed il tabernacolo.

Il primo affascina in modo stranamente ipnotico sia il francescano sia il gesuita (anzi soprattutto il gesuita) ma viene lasciato lì in quanto pare impossibile sia raggiungerlo sia tirarlo giù. Il tabernacolo invece sembra pulito come se fosse nuovo … “Impossibile!” … si decide di aprirlo: dentro un calice dorato, di quelli usati per tenere le ostie consacrate. “E se ce ne fossero dentro? Bisognerà aprirlo e controllare con i dovuti rituali … che non si sa mai …”. Se ne incarica, ovviamente, l’inquisitore che dice tutte le preghierine del caso prima di aprire … e dentro è vuoto.
Passato ogni timore il nostro eroe porta via il calice. Si decide di uscire e tornare al camion … per vedere in che condizioni siano il camion ed il pilota … un po’ sconsolati per non aver trovato niente.


Il vecchio è ancora alle prese con le riparazioni anche se sembra che sia sulla strada buona per rimettere in sesto il camion; per non farsi disturbare troppo spedisce i compagni a cercare vecchi camion o trattori da cannibalizzare per ricavarne pezzi di ricambio … la fortuna a volte si dimostra bizzarra ma in fondo benevola: niente pezzi di ricambio, ma in un vecchio essiccatoio in disuso spunta fuori una cassa di sigari, molti sono malconci, ma almeno un centinaio sembrano ancora buoni.

E ora?

 

11 novembre 2011


CAPITOLO 10: BARBANA
 


I nostri eroi, raccolti i sigari e tornati presso il camion (ora in grado di muoversi) decidono di tornare al convento da padre Giacomo per passare il resto della giornata in riposo, meditazione e preghiera (e curandosi le ferite ancora fresche, ricevute solo pochi giorni prima).
La sera e la notte passano tranquille … e portano qualche nuova idea.

 

L’alba di domenica 24 luglio si alza già calda. I nostri eroi hanno meditato durante la notte ed hanno deciso di muoversi verso sud … verso Grado e soprattutto verso l’isola-santuario di Barbana, per scoprire da dove potesse venire il fumo visto il giorno prima.

 

Il viaggio in camion dura poco, nonostante la strada che collega Grado alla terraferma sia in pessime condizioni ed analogamente i ponti.

NdDM: non so se esistesse o meno nel 1943 quella strada che oggi chiamiamo in modo familiare “lo stradone di Grado”; nel mio universo parallelo ho deciso di farla esistere (anche per esigenze di copione)  … quindi casomai non fosse già esistita, abbiate pazienza e fate finta!

 

L’arrivo a Grado è triste … il piccolo paese di pescatori e di soggiorni balneari porta molti segni della guerra … sembra sia stato pesantemente bombardato. Il porto si raggiunge facilmente, ma anche qui lo spettacolo è deprimente … l’acqua è una distesa di rottami …
Fortunatamente una barca da pesca sembra ancora in buono stato … “… o sarà una trappola di qualche tipo?” … I nostri eroi non hanno molta scelta, se vogliono raggiungere Barbana quella del mare è l’unica via. Tocca al vecchio pilota, che da buon ligure se ne intende un minimo anche di barche, controllare in che situazione sia la barca e provare a mettere in sesto il motore … un’oretta di lavoro e ci siamo … SPUT … SPUT … SPUT … il motore parte … lo scafo galleggia senza problemi, il timone sembra rispondere … “Siamo proni a prendere il mare!”. Imbarcati gli uomini ed un po’ di “cose utili” si parte, dapprima con un po’ di rollio e di movimenti bruschi, poi pian piano il nostro aviatore ci prende mano e fila via liscio.

La navigazione segue i canali … ed è lunga sotto il sole cocente. All’improvviso l’inquisitore ha l’impressione di avvistare in lontananza verso ovest la sagoma di una nave ben più grossa … ma è un lampo poi la vista viene di nuovo coperta da isolotti e pezzi del terrapieno della strada … il tempo passa, saranno un paio d’ore, almeno … e finalmente l’attracco dell’isoletta è in vista. Il santuario è integro, ma parte dell’edificio che ospita i monaci e del refettorio sono bruciati … “C’è qualcuno? Rispondete … Sono padre Giacomo … un confratello … venite fuori se ci siete!” sono i richiami lanciati dal giovane inquisitore nella speranza di trovare ancora qualche frate vivo.

Nessuna risposta.

 

 

Si decide di attraccare e scendere … ma la manovra non è delle migliori e proprio padre Giacomo finisce in acqua … per fortuna che è luglio e fa caldo. Si sbarca comunque ed il gruppo subito si divide: in due fanno il giro della piccola isola, gli altri due si recano diretti nel santuario.

I primi trovano la causa del fuoco … sembra che un aereo di qualche tipo si sia schiantato senza lasciare troppi relitti nell’orto del convento incendiando tutto quello che gli stava attorno … sembra essere un aereo tedesco (o perlomeno un aereo con una grossa svastica nera su fondo bianco dipinta su un pezzo di coda) … non ci sono troppi resti … e questo è misterioso; manca il motore e manca l’elica (a dir poco strano secondo il nostro pilota) … solo uno strano pannello di controllo sembra integro e leggibile, ed il nostro vecchietto non si lascia sfuggire l’occasione e lo ficca nella bisaccia.
Lungo tutto il perimetro dell’isola ci sono diversi mucchietti di ossa … tutte sparpagliate in giro … e nessun morto. A rendere la situazione ancora più misteriosa ci pensa un morto che sbuca dall’acqua all’improvviso e comincia a puntare contro i due … ma fatti pochi passi si accascia al suolo e va in polvere … di lui restano solo le ossa. I due non hanno avuto nemmeno il tempo di estrarre le armi, da quanto veloce è stata la scena.

 

 

Gli altri due, invece, entrano in chiesa … la trovano a posto … perfettamente integra … un po’ sporca, ovviamente, ma nessun segno di dissacrazione. L’unica cosa inquietante è l’abbondanza di ossa umane tra i banchi dei fedeli.
L’assenza di segni di violenza tranquillizza un po’ i nostri eroi pur senza dissipare minimamente i dubbi … la statua della “Madonna di Barbana” è là dove dovrebbe essere … tutto sembra in ordine … anche in sacrestia.
È pur sempre domenica … dobbiamo celebrare messa … chiama gli altri!
Così, seguendo la decisione del nostro inquisitore il gruppo si riunisce in chiesa per la messa … una strana pausa di pace. Dopo la funzione proseguono le ricerche di … beh! Di qualsiasi cosa possa tornare utile, dato che non c’è traccia qui della terza corona.
Pensando alle vecchie storie della Bassa che ritenevano quasi magica la terra di Barbana, e pensando agli strani mucchietti di ossa che si trovano in giro, nonché al morto disfattosi dopo pochi passi sulla terraferma, il nostro inquisitore si porta via un sacchetto di terra “sacra” e se lo appende al collo … un comportamento superstizioso … al limite dell’eresia forse, ma comprensibile dopo tutto ciò che i nostri eroi hanno visto.

Dopo aver mangiato qualcosa … e dopo aver dato un’altra veloce occhiata ai palazzi bruciati (senza trovare nulla di interessante), i nostri eroi decidono di ritornare sulla terraferma. Risalgono in barca e si avviano.
Il viaggio di ritorno è complicato dalle maree cambiate e la barca ad un tratto si incaglia … due morti mezzi decomposti dal mare cominciano ad avvicinarsi … ma il francescano salta in acqua (che è bassa) e spingendo con forza libera la barca e fa in tempo a risalirci prima che i due cadaveri ambulanti riescano ad arrivare a portata di denti dai nostri eroi.

 

Il ritorno in porto è accompagnato da una sorpresa: sul camion è stato lasciato un messaggio da due templari erranti … sono passati da lì … ed hanno lasciato un segno della loro presenza … tanto per far sapere che sono ancora vivi.
Il gruppo fa ritorno ad Aquileia, un po’ con l’imbarazzo di essere di nuovo al punto di prima ed essere indecisi sul da farsi … “… ma domani vedremo!”. Intanto, sorpresa nella sorpresa, i due templari che hanno lasciato il biglietto sono proprio ospiti di padre Giacomo al convento … Una buona occasione per scoprire qualcosa in più sui dintorni.

I colloqui non sono proprio i più fruttuosi del mondo … il più giovane ha fatto voto del silenzio … l’altro, Guglielmo da Milano, si dimostra sospettoso nei confronti dell’inquisitore e si apre un po’ di più solo col suo confratello. In ogni caso sono poche le informazioni di cui è in possesso e che i nostri eroi non hanno, ma dato che “ogni piccolo aiuto è prezioso” anche questo scambio di vedute potrebbe tornare utile.

 

Cala la sera di domenica. Con la “gita al mare” alle spalle, i nostri eroi vanno a nanna … ed il giovane inquisitore si domanda cosa potrebbe fare con le altre due spade che Dio ha messo sul suo cammino.

E adesso?

18 novembre 2011

 

CAPITOLO 11: SANTA BARBARA

La sera di domenica con la compagnia dei due nuovi templari (soprattutto del più anziano) si rivela piacevole e distensiva, nonostante la palese antipatia dimostrata da questi contro il nostro giovane inquisitore. Il giovane templare affida la sua malconcia armatura ai suoi confratelli che si dichiarano esperti nelle riparazioni …
La serata passa comunque tranquilla ed i nostri eroi hanno il tempo di godersi il fresco sotto la pergola … ed hanno anche la “fortuna” di notare come i morti sembrino sbattere su un muro quando tentano di attraversare il fiumiciattolo che scorre davanti al cancello.

 

 

Si arriva così al lunedì mattina (25 luglio) con ancora in testa ed in bocca la solita domanda: “Che si fa ora?”. Gli indugi sono rotti dal vecchio pilota che passando sul ponticello cade vittima di un capogiro e comincia a pregare/delirare con un fervore mai visto prima …
Basta la presenza degli altri a farlo uscire da questa strana trance … ma basta vederlo in quello stato per spingere il giovane templare a gettarsi in ginocchio in preghiera sul ponte, di fronte ad un “ovvio miracolo”!

 

Così la decisione è presa … “Questo fiume ha un che di strano … non c’è dubbio … andiamo a monte e vediamo!”. Così il gruppo si muove a piedi lungo il fiumiciattolo, anzi, il prode giovane inquisitore decide di andare proprio dentro al fiume … che col caldo afoso di luglio e l’acqua fresca pare proprio una buona idea.
All’improvviso il nostro Padre Giacomo inciampa su qualcosa e cade in acqua quasi rischiando l’annegamento … il provvidenziale intervento del templare, sebbene li lasci entrambi completamente zuppi, evita il peggio. L’inquisitore è inciampato su una statua di donna distesa in mezzo al corso d’acqua .. tutti si precipitano a controllare se ci sia qualcosa di soprannaturale; niente di tutto ciò, ma la statua si rivela essere Santa Barbara rappresentata con un cuore in fiamme nella mano destra ed una catena nella sinistra … proprio alla fine della catena è stata attaccata una chiave dall’aspetto antico …
Non deve essere in acqua da troppo tempo … la chiave è quasi perfettamente integra … che tu sappia, ci sono chiese dedicate a Santa Barbara qua vicino?” il francescano, autore del ritrovamento della chiave, si premura di chiedere all’inquisitore (originario proprio di Aquileia, come si è già avuto modo di dire).
L’inquisitore ci pensa un po’ e poi spiega “Beh … c’è una vecchia cappella di campagna qui, saranno circa tre chilometri verso Fiumicello … un altro paesino della Bassa … mio nonno, che era il vecchio che traeva gli auspici al Pignarul dell’Epifania, mi ci portava in pellegrinaggio ogni anno … certo non ci andrei a piedi attraverso i campi … sarebbe difficile … troppi canali e fossi da attraversare … ma col camion si fa in un attimo, c’è giusto una strada sterrata da percorrere …”. Nessuno replica e si decide di lasciare lì la statua ma prendere la chiave e dirigersi, col camion, verso la chiesetta.

 

Il percorso è breve … si parte verso Grado, poi si gira subito a sinistra e si passano un paio di ponticelli … niente di che … i nostri eroi hanno solo il tempo di notare che allontanandosi da Aquileia i morti tornano ad essere abbastanza feroci … ma sono molto molto malridotti.
Così dopo una mezzora ecco i nostri eroi giungere alla fine della strada … un canale un po’ più grande la taglia in due e non c’è più traccia del ponte che, secondo l’inquisitore, doveva essere lì. Per fortuna che la chiesetta è vicina, su questo lato del canale … solo un po’ più in mezzo ai campi. Si prosegue a piedi … non ci sono morti in vista.

La chiesetta è in rovina … non ha più un tetto, anzi, in realtà restano in piedi solo un paio di muri ed i brandelli degli altri muri … non c’è più una porta.

 

 

Il silenzio è irreale.

 

Poi un fruscio ed un ringhio sommesso scuotono i nervi degli eroi …

 

 

Poi di nuovo silenzio.

 

Si avanza … il templare davanti agli altri procede verso la porta … il francescano si stacca e punta ad una stretta finestrella laterale “… per dare un’occhiata dentro … che non si sa mai cosa può nascondersi in un rudere di questi tempi …”.
Il templare e l’inquisitore, dopo aver sentito di nuovo il ringhio basso e strascicato, si piazzano davanti alla porta spade alla mano … il vecchio pilota estrae la sua fida pistola e resta in disparte, spostandosi di lato … il francescano butta l’occhio dentro, pronto a lanciare l’allarme.
Ogni precauzione si rivela inutile … qualcosa scatta veloce e silenzioso fuori dalla porta lasciando immobili sul posto i due eroi armati di spada e punta sul vecchio …
È un lupo … o meglio lo era … ora è un morto … semplicemente un morto …
Il combattimento ha inizio e, nonostante l’agilità e la ferocia del lupo, si mette subito abbastanza bene per i nostri eroi che lo azzoppano facilmente prima di finirlo con una sonora bastonata sul cranio. Tutto bene quindi? Non proprio … il templare è stato morso due volte … e le ferite sembrano particolarmente brutte … sembrano destinate ad infettarsi … in modo quasi soprannaturale, secondo il francescano che gli presta le prime cure.
Ben presto arrivano i capogiri e la febbre … “Bisogna portarlo di nuovo in casa e trovare un modo di curarlo … se avessimo le erbe giuste, si potrebbe fare qualcosa …”.

 

Pur con la sensazione di avere poco tempo a disposizione il vecchio e l’inquisitore usano la chiave nell’unico posto dove potrebbe andare: un vano chiuso da una porta malamente dorata e poco decorata sull’altare.

 

Dentro con gran sorpresa trovano un ciondolo: una ampolla di vetro a forma di cuore contiene uno strano liquido rosso che potrebbe anche essere sangue; l’ampolla è circondata da fiamme dorate ed appesa ad una lunga catena d’oro. Un oggetto di grande pregio e probabilmente di grande valore; un oggetto comunque circondato da un’aria di sacralità piuttosto intensa: una reliquia.

 

 

Recuperata la reliquia il ritorno al convento avviene a tutta velocità per prestare il prima possibile le migliori cure possibili al nostro giovane templare che nel frattempo ha cominciato a delirare pesantemente durante brevi sprazzi di coscienza …

Passano tre giorni nei quali i due francescani, il nostro ex-pugile e l’originario unico inquilino di questo strano convento/rifugio, creano una serie di brodaglie medicamentose da fornire al templare malato … sono due giorni di fatica e di preghiere …
Tutti sono in ansia per il loro giovane compagno!

 

 

All’alba del quarto giorno il nostro giovane cavaliere è di nuovo in piedi … vivo … rinato … tornato al mondo dopo tre giorni di agonia, e delirio … dopo tre giorni di sogni ed incubi … tre giorni passati sognando di entrare nella cripta allagata della grande basilica.

 

È da poco sorto il sole su giovedì 28 luglio.

 

 

Cosa faranno adesso i nostri eroi?
 

25 novembre 2011


CAPITOLO 12: … E TRE!

Il giovedì che vede la “resurrezione” del nostro giovane templare (28 luglio) vede anche una discreta dose di buonsenso dei suoi compagni. Nonostante il giovane sia fermamente convinto e determinato a controllare la cripta allagata della basilica di Aquileia, gli altri lo trattengono … non perché siano contrari, anzi si fanno convincere ben presto dai vaneggiamenti del cavaliere, ma per salvaguardare la salute proprio del giovane che non si è certo ripreso del tutto dal malessere (o avvelenamento che dir si voglia) di cui è stato vittima.
Credete quindi che il giovedì sia passato in ozio? Assolutamente no! I nostri eroi cercano di prepararsi al meglio alla nuova esplorazione; studiano con la dovuta deferenza e con il dovuto rispetto lo strano ciondolo/reliquia ritrovato appena pochi giorni prima; cercano di dare un senso alle visioni deliranti che frullano ancora nella testa del giovane templare. Proprio in questa attività si avvicina al gruppo il templare errante anziano: Giovanni da Milano … pare interessato alla reliquia … ma pare anche interessato all’esperienza mistica vissuta dal giovane e sembra incuriosito da questa meravigliosa chiesa e dalla sua cripta allagata.

 

Arriva finalmente venerdì. Giorno di penitenza e confessione … “E quale giorno migliore per sconfiggere il demonio?!” … il gruppo si muove (sempre col fidato camion, ormai riparato nel migliore dei modi) verso la vicina basilica.
Nei dintorni si scorgono solo pochi morti: l’aspetto è feroce ma sono sufficientemente lontani da non rappresentare un pericolo imminente. Lasciato il camion in piazza (quella che oggi è Piazza Capitolo) i nostri cinque eroi si dirigono verso l’ingresso principale … non vogliono togliere al vecchio templare il gusto della visione della maestosità della chiesa.

 

L’inquisitore non è parte del gruppo … era dubbioso sui discorsi del giovane templare … anche perché non aveva mai sentito di “corone di rosario particolari” qui … a casa sua. Quindi se ne sta al convento-fortezza, in preghiera e meditazione.

 

 

Il gruppo entra … ed il giovane templare è subito pronto a gettarsi nell’acqua fangosa che occupa la parte più bassa delle navate per raggiungere in fretta l’altare maggiore e l’ingresso per le cripte. Il giovane avanza … sembra in estasi … o in trance … comunque non è in se. Ad un tratto qualcosa si muove nell’acqua e lo sfiora … si sveglia in mezzo alla navata … non sa bene cosa ci faccia lì. La sorpresa coglie anche gli altri … il templare errante lo raggiunge e per un attimo sembra scorgere un tentacolo … o qualcosa di simile che si muove nell’acqua.
Nessuno cede al panico … certo gli altri tre escono e, come avevano fatto la volta prima, raggiungono l’altare passando dall’esterno, dalla sacrestia … ed i due templari non subiscono attacchi né notano alcunché di strano.

Deve essere stata la tensione … autosuggestione … sembrano sul punto di ripetersi l’un l’altro per tranquillizzarsi … ma nessuno parla … tutti tacciono. Poi mentre cominciano a prendere accordi su come esplorare la cripta allagata, il giovane templare rompe gli indugi … si spoglia e si getta nell’acqua buia …
Gli altri a questo punto non possono tirarsi indietro e si muovono a loro volta … l’acqua è profonda nelle cripte … ma c’è aria vicino al tetto e la luce proiettata dalla torcia elettrica del gesuita (rimasto fuori) illumina a sufficienza la camera sotterranea.
Un altare offre l’unico appoggio su cui stare in piedi e continuare a respirare …

 

Il templare errante si immerge e trova una statua distesa sul pavimento … caduta chissà quando … sotto la statua degli anelli … sembrerebbe aprano una botola …
Ci si mettono in tre per provare a sollevare la statua prima … e per spostarla e provare con la botola poi … ma mentre il giovane templare, ancora debole, non ce la fa e deve lasciare il passo a chi è in forze, gli altri  (il templare errante ed il francescano ex-pugile) prima spostano la statua rovesciandola su un fianco e poi cominciano a lavorare sulla botola.
Gli sforzi che fanno sott’acqua sono sovrumani … intanto il vecchio pilota resta lì, sognante in piedi sull’altare … e gli sembra che le facce degli apostoli dipinte sulle pareti siano le loro … e proprio mentre prova a mettere a fuoco meglio i disegni nella penombra viene trascinato a terra dalla forza dell’acqua … già perché i due forzuti che armeggiavano con la botola sono riusciti nell’impresa titanica di aprirla facendo defluire tutta l’acqua in una ulteriore camera sotterranea segreta.

 

 

I nostri eroi ci mettono qualche attimo a riprendersi ed a capire cosa sia successo … gusto il tempo che ci mette il gesuita a decidere di raggiungerli.

Per prima cosa si studia la statua: “… era sicuramente una Madonna … una statua di terracotta, cava all’interno … come quella che Padre Giacomo si è tirato addosso a Venzone … adesso dentro è vuota però … ed è molto malridotta … è possibile che contenesse qualcosa, ma a questo punto sarà finito là sotto … bisognerà proprio scendere a dare un’occhiata!
I cinque cominciano, a questo punto ad interessarsi alla nuova stanza ed a guardare sotto … sembra una camera più grande … dalle prime osservazioni sembra che l’acqua sul fondo della camera sia poco più che un metro mentre il salto sarebbe di altri due metri … “Che si fa? Come scendiamo? Chi scende?” sono le domande che riecheggiano più volte nelle umide cripte. Il giovane templare va per primo … con una caduta poco solenne … seguito dal templare errante e dal gesuita …. Gli altri due restano al piano di sopra a tenere la corda.

 

La sorpresa è incredibile … un stanza tonda … col pavimento ricoperto di roba di metallo ed alle pareti alcuni antichi simboli templari (antichi = medievali) … il templare errante allunga una mano sott’acqua e la ritira stringendo in pugno un sacco di monete ed una collanina, apparentemente d’oro, con una medaglietta col ritratto di una donna.
Sono monete romane ...” azzarda il gesuita forte dei suoi studi, “… guardate quante, e che varietà … e poi corniole, oggetti d’oro … e chissà che altro c’è qua sotto … è un vero tesoro …”. E mentre dice queste cose è lui stesso, guidato dal suo Angelo Custode ad avere l’intuizione giusta: infila la mano nell’acqua, guidato da un misterioso luccichio e pesca una corona di rosario che, da subito, lo affascina: “… è quella che ci manca … è quella giusta … è la terza … ne sono certo!”.

 

Così il gruppo si lascia andare ad un momento di gioia … quindi i tre esploratori risalgono, con le tasche piene di “ricordi” e tornano al camion. Qui un morto dall’aspetto estremamente feroce li attende con la pistola in mano, pronto a ricordargli che il mondo in cui vivono non prevede la gioia … non più.
Con un paio di spari contro i nostri distratti eroi comincia un feroce combattimento … anche se, va detto, tutto si mette subito al meglio per i nostri eroi … sarà la Provvidenza … dopo i primi due spari la pistola del morto si inceppa … si passa al corpo a corpo ... le spade dei templari si fanno sentire … in particolare lo spadone a due mani del templare errante che prima con un colpo divide in due il morto … ma non basta a fermarlo,, si trascina ancora con gli artigli per continuare a mordere ... per saziare la sua brama di carne viva … poi con un fendente poderoso e definitivo gli stacca la testa: “… arma lenta e pesante, senza dubbio ma molto molto efficace con le aberrazioni del demonio!”.

 

 

Il gruppo rientra al convento fortezza che è appena passato mezzogiorno … ormai resta una sola cosa da fare … e Palmanova aspetta.

 

E ora?

02 dicembre 2011


CAPITOLO 13: UNA MANO NERA.

Il pomeriggio di venerdì (29 luglio) si presenta con una strana necessità di meditazione; i nostri eroi non sono del tutto convinti di andare subito a caccia del diavolo a Palmanova, l’esperienza drammatica del giovane inquisitore si rivela tuttora foriera di cattivi presagi … Meglio dedicarsi ad un po’ di giuste preghiere e di meditazione prima di affrontare “l’atto finale”.

 

Così, dopo la confessione, si decide di restare ancora lì al convento-fortezza e di muoversi solo l’indomani … ma non verso nord, verso Palmanova; bensì verso sud, per tornare in una sorta di pellegrinaggio nell’isola santuario di Barbana alla ricerca dell’ispirazione divina.

La mattina di sabato è da subito calda ed afosa … il miraggio del refrigerio del mare sembra essere la conferma divina ai propositi fatti solo il giorno prima. Così i nostri eroi si mettono in marcia (sempre col fidato camion) verso Grado, per recuperare la barchetta usata in precedenza e dirigere quindi al santuario sull’isola.
Giunti circa a metà strada (all’imbocco dello “stradone di Grado”) un’auto in uno spiazzo al lato della strada ed incendiata di recente attira l’attenzione dei nostri eroi … “Ma non c’era mica l’altro giorno! … Sarà il caso di dare un’occhiata!” ... Come se la presenza del nuovo relitto di auto non bastasse a rendere tesa l’atmosfera basta poco per accorgersi della presenza di cinque cadaveri … o meglio dei cadaveri di cinque zingari, fermi e decapitati (le teste mancano del tutto) …  e tutto condito dalla presenza di uno strano stendardo: un drappo bianco con impressa l’impronta di una mano nera.
I nostri eroi non perdono tempo in chiacchiere e mentre qualcuno si dedica a dare le giuste esequie ai cadaveri, gli altri provano a cercare tracce dell’accaduto in giro. Il risultato è semplice: “… c’è stato un agguato … gli zingari sono caduti vittime di un agguato da parte di altre sei o sette persone … niente armi da fuoco, solo frecce incendiarie ed armi bianche … le teste sono mancanti, così come gli ornamenti, anelli e catenine, che gli zingari sono soliti usare … le armi da fuoco degli zingari sono state gettate con noncuranza in un campo poco lontano, segno che gli assalitori non ne fanno uso per scelta cosciente … si sono disfatti anche del carburante che non potevano portarsi dietro, che è ben starno a ben guardare … non sembra essere stata opera di morti … anche la “bandiera” è segno di una qualche organizzazione … non certo di una semplice banda di predoni o di cacciatori di morti troppo esuberanti …”.

 

 

Si prosegue.

 

Arrivando a Grado un altro drappo bianco con mano nera accoglie i nostri eroi al di sopra di un cumulo di macerie (le macerie c’erano già l’altra volta) … questa volta i cadaveri vicino al drappo sono solo due … sembrerebbero “sopravvissuti” senza segni particolari … anche qui le teste sono mancanti. Seppelliti anche questi due, si prosegue dritti verso il porto …

 

Giunti al bacino l’amara sorpresa: la barchetta non c’è più. Sembra che qualcuno abbia frugato in tutti i relitti in vista … e, stando al francescano ed all’inquisitore sembra che qualcuno stia tutt’ora osservando i nostri eroi.


È proprio padre Giacomo a farsi avanti invitando eventuali viventi a mostrarsi … per tutta risposta un cavaliere in armatura (simil-templare) si fa avanti e saluta in una strana lingua ... in breve si instaura uno strano dialogo tra i nostri eroi ed il misterioso cavaliere straniero .. un dialogo fatto più di gesti e di “moti” che di vere e proprie parole … quello che alla fine è chiaro è che lo straniero ed i suoi compagni sono giunti dal mare, che sono parecchi e che stanno tenendo sotto controllo i nostri eroi in ogni momento, e che qualcuno sulla nave degli stranieri parla italiano. La situazione è poco rassicurante, ma i nostri eroi accettano comunque di seguire il misterioso straniero fino alla loro nave. Come questi si gira per fare loro strada, ai nostri si gela il sangue nelle vene … il mantello bianco è adornato da una grande mano nera disegnata.

Proseguendo lungo gli stretti viottoli di quello che rimane di “Grado Vecchia” s giunge di nuovo al mare … lungo la diga litoranea è ormeggiata una barca di medie dimensioni, decorata per renderla somigliante ad un antico galeone. A bordo e sulla riva si affaccendano diverse persone (almeno una trentina ad occhio) … tra di esse spiccano un buffo uomo con un vistoso cappello largo e con i baffoni che si atteggia a capitano ed un frate francescano: Padre Raul.
Richiamato dal misterioso cavaliere il francescano (evidentemente italiano) invita a bordo i nostri eroi … e comincia a chiacchierare con loro presentandosi e spiegando diverse cose: “… sono spagnoli … e si, sono pirati … viaggio con loro oramai da anni e devo dire che non posso lamentarmi del trattamento che ricevo … sono cristiano, certo … ma hanno un non so che di strano … hanno un senso religioso un po’ loro … sono strani, non usano le armi da fuoco, hanno fatto voto di non usarle quando, guidati da un prete, hanno liberato la loro isola dai morti …”. Il dialogo sembrerebbe cortese se non fosse che il nostro giovane inquisitore è turbato dai ritrovamenti di cadaveri, e chiede spiegazioni … il francescano non si dilunga troppo, prova a chiarire la cosa, ma si scontra con la caparbietà e la testardaggine dell’inquisitore. Va a finire che il nostro padre Giacomo si allontana verso al barca (che i pirati avevano portato lì vicino alla loro) e comincia i preparativi ancora convinto ad andare a Barbana …
… mi pare chiaro che il nostro “fratello” si sia allontanato per non dare in escandescenze …” prova a spiegarsi il gesuita, e continua: “… c’era molta brutalità in quelle uccisioni … e lui non se la sente di lasciar correre … non so se mi capite … ed anche il vostro simbolo, la mano nera, ha qualche strano significato per lui … quindi è nervoso e …”. Padre Raul lo interrompe: “Speriamo non faccia stupidaggini … questi possono uccidervi per un’offesa … come vi stavo dicendo questa gente è strana … ha uno strano senso di lealtà e di onore e di religione … il Capitano, Capitano Ramirez, ha un odio viscerale per gli zingari ed ha fatto voto di ucciderli tutti … voto capite! Ha giurato davanti a Dio di sterminare una genia … ma questo non è in contrasto col loro modo di vedere la religione … gli zingari sono le mani del diavolo sulla terra. Quello che dice lui vale per tutti … in effetti la parola del capitano è legge … Vi dicevo della loro isola … non so come si chiamasse prima del giorno del giudizio … adesso la chiamano “Terra Libera” … e loro si definiscono “uomini liberi del mare” … sono stati guidati da un vecchio prete italiano … un gesuita come te … quindi magari voi andrete d’accordo …”.

 

La situazione si riappacifica ed il francescano errante si unisce al gruppo diretto a Barbana assieme ad un paio di cavalieri spagnoli (tra cui quello che ha condotto qui i nostri eroi: Don Hernando). Si parte dopo pranzo … o meglio dopo che i nostri eroi avranno pranzato, dato che i “pirati” sono soliti non mangiare durante il giorno.

Comunque nel primo pomeriggio si parte ed in un paio d’ore (sempre sotto il sole cocente di luglio) la combriccola giunge sull’isola santuario. Dopo una veloce esplorazione di controllo, vedendo che niente sembra cambiato dall’ultima volta, ci si reca tutti in chiesa per pregare il rosario e celebrare la Messa.
La fede degli spagnoli qui diventa esplicita ed anzi si mette in mostra con canti e preghiere … manca solo che i due cavalieri si flagellino a vicenda … il che da un lato addolcisce la posizione del nostro inquisitore dall’altro provoca in lui nuovi dubbi e perplessità sulla “verità” della Chiesa.

 

L’atmosfera sacra del luogo favorisce preghiere e meditazione fino a sera; all’ora del rientro i nostri eroi si sentono rinfrancati nello spirito. Si torna così al molo dove è ormeggiato il galeone …

 

Ed ora?

 

 

13 GENNAIO 2012



CAPITOLO 14: PALMANOVA!
A questo punto non resta altro da fare che decidere le prossime mosse … Con tutti e tre i rosari mistici recuperati le scelte possibili sembrano essere solamente due: tornare a Cividale per fare rapporto ed aspettare ulteriori ordini, oppure lanciarsi quali unti del signore in una crociata contro il male che aspetta ed imperversa a Palmanova.
Salutati i bizzarri pirati si torna ad Aquileia per passare la notte in tranquillità e trovare nel sonno ristoratore un buon consiglio. Osservando per bene le tre corone il francescano nota che sono leggermente diverse, come se ognuna fosse fatta per recitare una specifica parte dei misteri mariani … si decide così di recitare un intero rosario propiziatorio per essere certi di prendere la decisione giusta. Solo a quel punto si va tutti a nanna … anzi, non tutti: Padre Giacomo è quasi in estasi e resta sveglio in preghiera tutta la notte, senza per altro mostrare segni di stanchezza il giorno dopo.


Arriva il giorno nuovo: sabato 30 luglio.
I nostri eroi decidono che la cosa migliore sia affrontare il male … e si dirigono baldanzosi verso Palmanova. Il viaggio è breve ed abbastanza tranquillo, ma giunti in vista delle mura della città stellata ricominciano ad affiorare tutte le paure (più o meno soprannaturali che siano) che si erano manifestate qualche giorno prima (era il 21 luglio … solo nove giorni fa).


Si avanza piano …

Sulla porta si presenta ai nostri eroi uno strano personaggio: ben vestito, cappello a cilindro e pipa, lunga alla maniera dei cinesi … sono solo il vecchio pilota ed il giovane inquisitore a farsi avanti ed a cominciare a discutere con questa strana figura che dice di abitare in paese (sempre Palmanova) e di non aver mai visto né morti né diavoli né niente di simile … ovviamente i nostri due eroi non sono convinti che questa persona sia “reale” … e l’avvicinarsi del templare getta nuove ombre: al posto dell’uomo ben vestito lui scorge una donna in armatura da cavaliere che sbarra la strada del camion.
Chiarita la diversità di visioni tra i nostri eroi non resta che avanzare fieramente … l’inquisitore allunga una mano verso il misterioso personaggio ma questi si sottrae e scompare (letteralmente) dietro un angolo.

Si procede …

Si avanza lentamente tra le strade regolari della città stellata … al primo incrocio appare chiaro che la città brulica di morti … ma non attaccano … si tengono lontani … come se non “fiutassero la preda” … come se fossero distratti …

Si avanza ancora, sempre con cautela …

I nostri eroi cominciano ad essere vittima di strani fenomeni … visioni … allucinazioni visive ed auditive: al posto della città “morta” sentono le voci di gente felice e vedono le strade brulicanti di vita … sono dei flash … più o meno lunghi … come un neon che funziona male. Sono il francescano ed il gesuita a subire di più questo strano effetto …

Si continua ancora …

All’incrocio successivo, davanti agli occhi dei nostri eroi appare la morte in persona … come nel più classico dei racconti, ammantata di nero … il volto in ombra … ed una mano scheletrica a sostenere la falce.
La paura attanaglia i cuori dei nostri eroi … sono tutti paralizzati dal terrore … prima il templare e l’inquisitore che sono a piedi davanti al camion … poi il vecchio pilota … quindi tocca al francescano, sceso nonostante la paura lo attanagli … nessuno resiste … Anzi, per la verità non tutti tremano … il gesuita non ci crede … anzi a ben guardare sembra solo un pupazzo messo lì per sfruttare la suggestione dei malcapitati che si trovano a passare di lì … così, senza pensare, imbraccia il fucile e fa fuoco. Il colpo è preciso … estremamente preciso e colpisce il “pupazzo” in pieno volto. E l’illusione (se illusione era) cade … la piazza è lì davanti … con una enorme pira in fiamme al centro ed un uomo di spalle che sembra intento a pregare.

I nostri eroi avanzano fino al margine della grande piazza esagonale …

L’uomo si volta verso di loro … è palesemente un morto … indossa gli abiti di un inquisitore, ma questo poco importa … pallido … scheletrico quasi … con dei canini molto sviluppati ed una luce molto molto malvagia negli occhi … “… è di certo lui il male che cerchiamo … siamo venuti qui per abbatterlo … abbiamo i rosari … ed abbiamo la benedizione del Signore … cosa stiamo aspettando?!” il nostro inquisitore arringa i suoi compagni … e si comincia.

Comincia una battaglia che ha un che di epico … il templare  con la spada avanza con fare bellicoso … sul camion resta il vecchio pilota che estrae la sua pistola pronto al fuoco; gli altri tre sono lì vicino confusi dal senso di terrore che emana dal morto: il francescano e l’inquisitore sono rannicchiati a terra tremanti … il gesuita, invece, perde la testa e comincia a sparare a casaccio col suo fucile (per fortuna nessuno rimane ferito). Come se il terrore non bastasse, il morto invoca strane parole che “feriscono” il templare: il braccio gli duole, “… ma è giusto così .. me lo meritavo … è la giusta punizione per … per … per qualcosa di sbagliato che devo aver fatto …” … la strana magia non solo gli causa dolore, ma gli instilla anche la convinzione che sia giusto soffrirlo.

Le cose non si mettono bene … ma il terrore viene presto sconfitto dai nostri tre tremanti amici … ed anche loro si gettano nella mischia … i primi attacchi non portano a nulla: un colpo al torace del templare, un proiettile nelle spalla sparato dal pilota, ma il morto sembra non accorgersene: “… sembra di colpire un sacco di sabbia … un manichino …” … l’inquisitore esita e studia la situazione (mentre si avvicina).
Il colpo di fucile del gesuita è preciso, al cuore … ma anche questo non provoca effetti … il morto cambia nenia ed alcuni morti molto decomposti e cadenti escono dai palazzi vicini attirati dal nuovo “canto” del morto “potente”.
Non molliamo!” urla il giovane templare mentre affonda di nuovo la sua spada nelle carni del morto … inutilmente. Il gesuita prende meglio la mira … punta alla testa … ma la sfortuna (o il destino?) è in agguato ed il fucile si inceppa gravemente …
Il francescano si fa sotto, sferra un pugno … e colpisce … solo stoffa … lo strano morto scompare lasciando una strana sensazione sulla mano dell’ex pugile … il morto è riapparso a qualche decina di metri di distanza … evocando parole oscure prova a fermare il cuore dell’inquisitore … ma la sua fede è forte … ed il cuore non cede. Il francescano ha un’altra ottima intuizione … il fuoco non scalda … l’enorme pira in fiamme dovrebbe scaldarli molto … e invece niente, tentennante prova a metterci una mano … non brucia … è tutta illusione. Nascosto dalle fiamme sta uno strano monumento triangolare … un prisma a base triangolare che guarda con ogni lato una delle tre porte della città … e su ogni lato un incavo che potrebbe ospitare uno dei rosari … “Non mi resta che provare!

I nostri eroi perseverano … mentre l’inquisitore ed il templare serrano la distanza a continuano il corpo a corpo, il vecchio spara ad occhi chiusi, “confidando nella mano di Dio che guidi i miei colpi” e colpisce alla testa il morto … ma solo di striscio … l’inquisitore nel frattempo si è messo a pregare, come a voler esorcizzare il male forte della sua fede.
Il francescano corre dal gesuita per farsi dare il suo rosario … malvolentieri il prete acconsente, convinto che l’ex pugile voglia farne buon uso ed abbia qualche idea.

L’epica battaglia continua … il pilota sale “in torretta” e mitraglia i morti barcollanti che si sono affacciati alla piazza falciandone un paio … il gesuita, da par suo, con un secondo fucile comincia a mirare agli altri morti usciti allo scoperto per abbatterli prima che raggiungano lui o i suoi amici nel corpo a corpo.

Col rosario in pugno il francescano “entra” nel fuoco illusorio e piazza la corona al suo posto .. nel giusto incavo “Mistero gaudioso … a sud…” … subito cade vittima di altre illusioni di voci e suoni di vita felice, ma la sua mente salda e resiste. Il morto sembra indebolirsi … “Questa è la cosa giusta da fare …” e via di corsa verso il templare e l’inquisitore per farsi dare le altre corone.

Ma accade qualcosa di inaspettato: mentre il morto richiama altri cadaveri marcescenti per unirsi alla battaglia e scatena le suo forze misteriose per fermare il cuore dell’inquisitore che continua a pregare, le preghiere di quest’ultimo compiono il miracolo (o la magia?) … lingue di fiamme, invocate come purificatrici da padre Giacomo, si avvolgono intorno alle gambe del morto e ne consumano parte delle vesti e ne bruciano parte delle carni … si potrebbe dire che se da una parte l’inquisitore è stupito di tutto ciò tanto da gridare al miracolo, dall’altra questo non fa nient’altro che rendere più salda la sua fede e quella del templare che ha assistito alla scena …
La lotta continua … ed il templare perde la spada a causa di un colpo maldestro … ma non demorde ed è lui a sferrare un pugno poderoso contro il morto … l’effetto è lo stesso di prima: la sensazione di aver colpito stoffa ed il morto che si materializza lontano … nel frattempo gli altri due continuano a sparare un po’ al morto potente, ed un po’ ai cadaveri ambulanti che piano piano si riversano nella piazza.

Il francescano raggiunge i due che erano impegnati nel corpo a corpo … si fa consegnare il rosario del templare e prova a convincere l’inquisitore della sua idea … Non ci riesce del tutto, ma almeno Padre Giacomo ha accettato di seguirlo fino alla pira per constatare di persona che è illusoria.
Mentre la battaglia infuria, i due arrivano al centro e, convinto l’inquisitore che il fuoco sia illusorio, si fanno strada tra le “fiamme” fino al monumento al centro della piazza …

Posto di fronte all’evidenza del fatto che ogni lato sia il naturale alloggiamento di una delle corone il giovane inquisitore accetta l’idea di provare a piazzare le tre corone …
Mistero doloroso ad est …
Mistero glorioso ad ovest …

Si spande un lampo di luce … tutti sono colti, di nuovo, da forti visioni e voci di vita felice del paese … è difficile resistere a questo “paradiso” …

I nostri eroi riaprono gli occhi … niente più morto potente a minacciarli con i suoi misteriosi poteri … si è disfatto a terra in una pozza di putridume … niente più morti malconci a barcollare nella piazza, sono andati in pezzi sbattuti contro i muri … e niente più Padre Angelini: il gesuita è scomparso nel nulla lasciando al suo posto solo le vesti e quanto portava con se … nessun cadavere … nessun segno … nulla! Solo il vecchio pilota, la cui fede è stata messa a dura prova in questi giorni, ha avuto l’impressione di vedere, per un attimo, lo spirito del bambino … l’angelo custode del gesuita, svanire con un’espressione beata ed un cenno di saluto … come se tutto fosse a posto.

Scossi … da un lato felici per aver sconfitto “il male” … dall’altro increduli per la misteriosa scomparsa del loro amico gesuita … da una parte convinti di aver agito per il verso giusto ... dall’altra con la pessima sensazione di aver fatto un altro piccolo passo verso il rogo … i nostri eroi restano lì a chiedersi cosa fare …

Tocca all’inquisitore perquisire ciò che rimane del suo ex-collega; si viene così a sapere che era effettivamente un inquisitore piuttosto famoso ed influente, scomparso misteriosamente nei pressi di Venezia qualche anno addietro …

E ora che si fa?” è la domanda che tutti si pongono … e che per ora resta senza risposta.

Ed ora cosa succederà? E che fine ha fatto Padre Angelini, il gesuita?
 

20 GENNAIO 2012
 

CAPITOLO 15: FINE?!

 

È ancora sabato 30 luglio ...
I nostri eroi sono lì, fermi in mezzo alla piazza di Palmanova, ancora scioccati dall'improvvisa scomparsa del gesuita: "Ma che fine ha fatto Padre  Angelini?" ... La tristezza, lo stupore, l'angoscia, la paura, i dubbi ... Tutto si mescola in pochi istanti di silenzio ...
Poi i rumori tornano; i morti, cadenti e malridotti, nella loro stupida e cieca ferocia cominciano di nuovo a muoversi verso i quattro eroi superstiti. Il brusco ritorno alla realtà è la sveglia che serviva a scuotere gli animi tormentati dei quattro uomini ... mentre il vecchio pilota prepara il camion alla partenza, gli altri raccolgono ciò che resta del gesuita e del terribile morto che hanno appena sconfitto in un modo tanto "bizzarro" e misterioso.

In breve i quattro sono in viaggio; si allontanano da Palmanova schiacciando i malridotti cadaveri ambulanti sotto le ruote del pesante camion, per dirigersi a gran velocità a Cividale ... “La missione è compiuta ... Si ritorna alla base. Ma cosa ci aspetta ora?

 

Il viaggio è tranquillo, quasi noioso ... Forse addirittura troppo tranquillo, infatti i nostri eroi hanno finalmente un po' di tempo per ripensare agli eventi passati ... Era il dieci giugno quando hanno cominciato a lavorare insieme e da allora il tempo per riflettere e meditare su ciò che gli stava succedendo è stato poco ... Ci voleva proprio un po' di tempo per rendersi conto che ciò di cui sono stati testimoni in questi due mesi scarsi potrebbe metterli in cattiva luce con l'inquisizione (nonostante la presenza di Padre Giacomo ... oppure proprio a causa sua) ... Insomma l'aver superato vivi questa follia potrebbe non bastare, anzi potrebbe essere una prova della loro "stregoneria".

Arrivati alle porte di Cividale i nostri eroi hanno la prima sorpresa: un nutrito gruppo di cavalieri templari esce dal paese "in parata"; una cinquantina di cavalieri si muovono come se dovessero partecipare alle crociate. Uno di questi, interrogato dal vecchio pilota, spiega che si stanno muovendo per liberare dal flagello dei morti un paese poco lontano chiamato Venzone … i nostri eroi fingono di non sapere di cosa si tratti e sembrano sollevati: qualcosa che hanno fatto sembra dare dei buoni frutti. I quattro assistono alla "parata" con una luce di speranza negli occhi: evidentemente il loro lavoro è servito a qualcosa.

 

Infine si entra in paese ...
Ormai è sera ... ma non c'è tempo per mangiare o riposarsi. Sia il maestro templare, sia il maestro inquisitore convocano subito i nostri eroi per colloqui informali. Padre Giacomo va da solo dal suo superiore e lascia agli altri l'incontro con il maestro templare. Il colloquio tra i due inquisitori è freddo e distaccato, col maestro che pone domande e prende appunti e col giovane che risponde con sincerità e precisione (cercando di nascondere un minimo le cose che gli varrebbero un lasciapassare per il rogo, ma senza nascondere troppo o snaturare la verità dei fatti). Invece gli altri si trovano ad un colloquio molto più tranquillo, con il maestro templare ed un importante vescovo gesuita; anche qui si tratta di domande e risposte, ma anche racconti, commenti e sensazioni, sia da parte dei nostri eroi, sia da parte dei loro interlocutori.

Ne segue una cena frugale, ma corroborante ...
Ed una tranquilla dormita si profila all'orizzonte prima di nuovi colloqui l'indomani: colloqui più formali, questa volta.

 

 

La notte dovrebbe passare tranquilla tra le mura della città. Ma non è così,  non per tutti almeno ... Il vecchio pilota viene svegliato nel cuore della notte dai gesuiti: deve andarsene subito, se vuole sopravvivere. La sorpresa è grande! Non si aspettava certo un epilogo del genere ... e non c'è nemmeno il tempo per avvisare e salutare i compagni di viaggio. Per aver salva la vita non può che affidarsi ai gesuiti ed alla loro promessa di farlo volare di nuovo. Così il vecchio parte nel cuore della notte con un nuovo incarico da "aviatore" a fargli da lasciapassare e da "scudo" ... una persona con la sua esperienza di volo è evidentemente troppo preziosa perché venga lasciata nelle mani di un inquisitore senza scrupoli.

 

È domenica.
La mattina giunge doppiamente triste per gli altri eroi: da un lato l'improvvisa partenza del vecchio pilota, "... che se ne è pure andato senza salutare ..."; dall'altro l'incontro col maestro inquisitore, che non promette niente di buono. Nemmeno il tempo di andare a messa, come di dovere ... Il colloquio ufficiale è freddo e distaccato (peggio di quanto previsto e preannunciato da Padre Giacomo), praticamente è il solo maestro inquisitore a gestire domande e risposte ...

 

Il resto della giornata è tranquillo con i nostri eroi che, dopo essere finalmente riusciti a partecipare alla messa, "aspettano" il da farsi ... ed aspettano le decisioni dei "capi".

 

Arriva il lunedì ...
E la sveglia non è delle migliori dato che viene data da un nutrito gruppo di excubitores pronto per scortare i nostri eroi davanti ad un vero e proprio tribunale dell'inquisizione. Il processo (perché a tutti gli effetti di questo si tratta) non si mette molto bene per i nostri eroi: il maestro inquisitore espone "i fatti esattamente come gli sono stati raccontati" dai nostri eroi, ma ovviamente puntando il dito e la sua attenzione su tutto ciò che può risultare "stregoneria" a carico degli imputati. A nulla valgono le difese proposte dai nostri eroi ... La situazione sembra critica, soprattutto a causa della misteriosa sparizione di Padre Angelini. Ed è il vescovo (da poco insediatosi a Cividale) che con uno studiato colpo di teatro li accusa apertamente di stregoneria invocando la giusta punizione (in pratica il rogo in pubblica piazza).
Il piano messo in opera dal maestro inquisitore (che evidentemente ha qualcosa da nascondere e vuole mantenere segrete le cose viste e scoperte dai nostri eroi) sembra perfetto e lui ci fa pure la figura del "magnanimo" offrendo l'eremitaggio come soluzione alternativa alla morte (in pratica un ergastolo in un lontano e sperduto monastero-prigione sulle alpi piemontesi).

 

Tutto sembra perduto!

Ma nessuno ha preso in considerazione il vescovo gesuita ... Tocca proprio a lui, infatti, difendere (un po’ a sorpresa) i nostri eroi. Con una dialettica invidiabile ed una diplomazia insuperabile (adeguate al suo rango nella gerarchia gesuita) difende a spada tratta i nostri eroi e le loro azioni ... Il suo personale colpo di teatro è poi la presentazione delle fotografie scattate da Padre Angelini (era infatti riuscito a mettere le mani sulla sua macchina fotografica prima di chiunque altro): fotografie che sviluppate a tempo di record (ed opportunamente modificate dove necessario per mostrare il bene e non mostrare ciò che non deve essere visto) da abili gesuiti, sembrano dimostrare inequivocabilmente l'innocenza dei nostri eroi. 

Se poi a questo si aggiunge una lettera che contiene un po' di "segreti" del maestro inquisitore, l'innocenza dei nostri eroi diventa talmente lampante da portare al biasimo del vescovo, principale accusatore dei nostri eroi.

 

 

Quindi? Tutto è bene quel che finisce bene?

Più o meno ... Infatti da un lato i nostri (adesso tre) eroi si sono fatti un paio di nuovi potenti nemici (compensati da un grande amico in veste nera), dall'altro il giovane templare è maturo per addestrare alcuni nuovi adepti (restando così lontano da battaglie e rogne per qualche tempo), e padre Giacomo è deluso dal suo ordine ed affascinato dai gesuiti ... Cambiare tunica non sarà facile, ma ci proverà.

 

 

E qui finisce (per ora) la lunga saga friulana di Sine Requie ... Gli eroi si sono divisi, ma sono sopravvissuti ... Resta aperta una domanda: "che fine ha fatto Padre Angelini?"

Bonus:

Che ne è stato di Padre Angelini?

 

 

Signore si svegli … signore …
Caro … come stai? Parlami …
Guardate sta riaprendo gli occhi … meno male …
Sono le prime parole che il nostro uomo capta … apre gli occhi … è all’ombra di un grande ombrellone colorato, attorno a lui la piazza esagonale di Palmanova, e le voci e le persone che la popolano in questo caldo sabato mattina di fine luglio.
Poi tutto torna chiaro: è uno scrittore, in viaggio nel Nordest per cercare nuovi spunti, assieme alla sua giovane moglie … “Palmanova, la città fortezza, potrebbe essere interessante …” aveva suggerito lei, ed in effetti  … poi il malore per il caldo estremo ed un sogno bizzarro.

Padre Angelini … chissà da dove è spuntato questo nome … Bel nome però, potrebbe essere quello giusto per il mio protagonista … e che sogno assurdo … i morti, i cavalieri e l’inquisizione … i pirati e la magia … devo aver battuto forte la testa!

 

La curiosità spinge il nostro uomo ad alzarsi in piedi, tra i sospiri di sollievo della folla … si guarda in giro ancora un po’ … poi punta dritto verso la chiesa, sente quasi il bisogno di dover ringraziare Dio perché quello che ha visto era solo un sogno …  “Cividale, Venzone, Aquileia, Grado … le tappe della nostra vacanza … certo che ne ho di fantasia!

 

Entra … ombra e fresco lo accolgono … e poco dopo un giovane prete dall’accento tipico friulano gli si avvicina per chiedergli come stia e se abbia bisogno di aiuto … dice di aver assistito al suo malore e di essere corso a cercare i sali … ormai evidentemente inutili. “Poche chiacchiere … tipico di questa gente … poi mi lascia qui perso nei miei pensieri … alla preghiera ormai si è sostituita la storia del mio nuovo romanzo … chissà?!

 

Poi il giovane prete si ferma, si volta ed allunga la mano … in segno di saluto …
Piacere! Sono Padre Giacomo!”